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490 SECONDA PARTE

è la miglior cosa che lavorasse mai; in questa opera si vede con ordine bellissimo situato nel trionfo, la bellezza e l’ornamento del carro; colui che vitupera il trionfante, i parenti, i profumi, gl’incensi, i sacrifizii, i sacerdoti, i tori pel sacrificio coronati e prigioni, le prede fatte da’ soldati, l’ordinanza delle squadre, i liofanti, le spoglie, le vittorie e le città e le rocche, in varii carri contrafatte con una infinità di trofei in sull’aste e varie armi per testa e per indosso, acconciature, ornamenti e vasi infiniti; e tra la moltitudine degli spettatori una donna, che ha per la mano un putto, al qual essendosi fitto una spina in un piè, lo mostra egli piangendo alla madre, con modo grazioso e molto naturale. Costui, come potrei aver accennato altrove, ebbe in questa istoria una bella e buona avertenza, che avendo situato il piano dove posavano le figure, più alto che la veduta dell’occhio, fermò i piedi dinanzi in sul primo profilo e linea del piano, facendo fuggire gl’altri più adentro di mano in mano, e perder della veduta de’ piedi e gambe, quanto richiedeva la ragione della veduta; e così delle spoglie, vasi et altri istrumenti et ornamenti fece veder sola la parte di sotto e perder quella di sopra, come di ragione di prospettiva si conveniva di fare, e questo medesimo osservò con gran diligenza ancora Andrea degl’Impiccati nel cenacolo che è nel refettorio di S. Maria Nuova. Onde si vede che in quella età questi valenti uomini andarono sottilmente investigando e con grande studio imitando la vera proprietà delle cose naturali; e per dirlo in una parola, non potrebbe tutta questa opera esser nè più bella, nè lavorata meglio. Onde se il marchese amava prima Andrea l’amò poi sempre et onorò molto maggiormente; e, che è più, egli ne venne in tal fama, che papa Innocenzo VIII, udita l’eccellenza di costui nella pittura e l’altre buone qualità di che era maravigliosamente dotato, mandò per lui, acciò che egli, essendo finita di fabricare la muraglia di Belvedere, sì come faceva fare a molti altri, l’adornasse delle sue pitture. Andato dunque a Roma con molto esser favorito e raccomandato dal marchese che per maggiormente onorarlo lo fece cavaliere, fu ricevuto amorevolmente da quel pontefice e datagli subito a fare una picciola cappella che è in detto luogo. La quale con diligenza e con amore lavorò così minutamente, che e la volta e le mura paiono più tosto cosa miniata che dipintura; e le maggiori figure che vi sieno sono sopra l’altare, le quali egli fece in fresco come l’altre, e sono S. Giovanni che battezza Cristo, et intorno sono popoli che spogliandosi fanno segno di volersi battezzare. E fra gl’altri vi è uno, che volendosi cavare una calza appiccata per il sudore alla gamba, se la cava a rovescio attraversandola all’altro stinco, con tanta forza e disagio, che l’una e l’altra gli appare manifestamente nel viso; la qual cosa capricciosa recò a chi la vide in quei tempi, maraviglia. Dicesi che il detto Papa, per le molte occupazioni che aveva, non dava così spesso danari al Mantegna come egli arebbe avuto bisogno, e che perciò nel dipignere in quel lavoro alcune virtù di terretta, fra l’altre vi fece la discrezione; onde andato un giorno il papa a vedere l’opra, dimandò Andrea che figura fusse quella, a che rispose Andrea: "Ell’è la discrezione". Soggiunse il pontefice: "Se tu vuoi che ella sia bene accompagnata, falle a canto la pacienza". Intese il dipintore quello che perciò voleva dire il Santo Padre, e mai più fece