Pagina:Vasari - Le vite de’ piu eccellenti pittori, scultori, et architettori, 1-2, 1568.djvu/585

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{{RigaIntestazione||FILIPPO LIPPI

che non si può migliorare. Evvi anco quando orando S. Tommaso gli dice il Crucifisso: "Bene scripsisti de me Thoma" et un compagno di lui che udendo quel Crucifisso così parlare sta stupeffatto e quasi fuor di sè. Nella tavola è la Vergine annunziata da Gabriello, e nella faccia l’assunzione di quella in cielo et i dodici Apostoli intorno al sepolcro. La quale opera tutta fu et è tenuta molto eccellente, e per lavoro in fresco, fatta perfettamente. Vi è ritratto di naturale il detto Olivieri Caraffa cardinale e vescovo d’Ostia, il quale fu in questa cappella sotterrato l’anno 1511, e dopo condotto a Napoli nel Piscopio. Ritornato Filippo in Fiorenza, prese a fare con suo commodo e la cominciò, la cappella di Filippo Strozzi Vecchio in S. Maria Novella; ma fatto il cielo, gli bisognò tornare a Roma, dove fece per il detto cardinale una sepoltura di stucchi e di gesso, in uno spartimento della detta chiesa, una cappellina allato a quella, et altre figure, delle quali Raffaellino del Garbo suo discepolo ne lavorò alcune. Fu stimata la sopra detta cappella, da maestro Lanzilago padoano e da Antonio detto Antoniasso romano pittori amendue dei migliori che fussero allora in Roma, duemila ducati d’oro, senza le spese degl’azzurri e de’ garzoni. La quale somma riscossa che ebbe, Filippo se ne tornò a Fiorenza dove finì la detta cappella degli Strozzi, la quale fu tanto bene condotta e con tanta arte e disegno ch’ella fa maravigliare chiunche la vede, per la novità e varietà delle bizzarrie che vi sono: uomini armati, tempii, vasi, cimieri, armadure, trofei, aste, bandiere, abiti, calzari, acconciature di capo, veste sacerdotali et altre cose con tanto bel modo condotte, che merita grandissima comendazione. Et in questa opera dove è la ressurezione di Drusiana per S. Giovanni Evangelista, si vede mirabilmente espressa la maraviglia che si fanno i circostanti nel vedere un uomo rendere la vita a una defunta con un semplice segno di croce, e più che tutti gl’altri si maraviglia un sacerdote, o vero filosofo che sia, che ha un vaso in mano, vestito all’antica. Parimente in questa medesima storia fra molte donne diversamente abbigliate si vede un putto che impaurito d’un cagnolino spagnuolo pezzato di rosso, che l’ha preso coi denti per una fascia, ricorre intorno alla madre, et occultandosi fra i panni di quella, pare che non meno tema d’esser morso dal cane, che sia la madre spaventata e piena d’un certo orrore per la resurezione di Drusiana. Appresso ciò, dove esso S. Giovanni bolle nell’olio, si vede la collera del giudice, che comanda che il fuoco si faccia maggiore; et il riverberare delle fiamme nel viso di chi soffia, e tutte le figure sono fatte con belle e diverse attitudini. Nell’altra faccia è S. Filippo nel tempio di Marte, che fa uscire di sotto l’altare il serpente che occide col puzzo il figliuolo del re. E dove in certe scale finge il pittore la buca per la quale uscì di sotto l’altare il serpente, vi dipinse la rottura d’uno scaglione tanto bene, che volendo una sera uno de’ garzoni di Filippo riporre non so che cosa, acciò non fusse veduta da uno che picchiava per entrare, corse alla buca così in fretta per appiattarvela dentro e ne rimase ingannato. Dimostrò anco tanta arte Filippo nel serpente, che il veleno, il fetore et il fuoco pare più tosto naturale che dipinto. Et anco molto lodano la invenzione della storia, nell’essere quel Santo crucifisso, perchè egli s’imaginò, per quanto si conosce, che egli in terra fusse disteso in sulla croce, e