Pagina:Vasari - Le vite de’ piu eccellenti pittori, scultori, et architettori, 3-1, 1568.djvu/230

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per la bellezza delle pitture sono maravigliosissime, perché in quel tempo Perino non frequentava molto il lavoro, acciò che per isprone e per concorrenza facesse quel che non faceva per se medesimo, fece venire il Pordenone, il quale cominciò uno terrazzo scoperto dove lavorò un fregio di fanciulli con la sua solita maniera, i quali votano una barca piena di cose maritime, che girando fanno bellissime attitudini. Fece ancora una storia grande quando Giasone chiede licenza al zio per andare per il vello d’oro. Ma il Prencipe, vedendo il cambio che faceva dall’opera di Perino a quella del Pordenone, licenziatolo, fece venir in suo luogo Domenico Beccafumi sanese, eccellente e più raro maestro di lui. Il quale, per servire tanto Prencipe, non si curò d’abbandonare Siena sua patria dove sono tante opere maravigliose di sua mano. Ma in quel luogo non fece se non una storia sola e non più, perché Perino condusse ogni cosa da sé ad ultimo fine. A Giovanni Antonio dunque, ritornato a Vinegia, fu fatto intendere come Ercole, duca di Ferrara, aveva condotto di Alemagna un numero infinito di maestri, et a quegli fatto cominciare a far panni di seta, d’oro, di filaticci e di lana, secondo l’uso e voglia sua, ma che non avendo in Ferrara disegnatori buoni di figure (perché Girolamo da Ferrara era più atto a’ ritratti et a cose appartate, che a storie terribili dove bisognasse la forza dell’arte e del disegno) che andasse a servire quel signore; ond’egli, non meno desideroso d’acquistare fama che facultà, partì da Vinegia, e nel suo giugner a Ferrara dal Duca fu ricevuto con molte carezze. Ma poco dopo la sua venuta, assalito da gravissimo affanno di petto, si pose nel letto per mezzo morto; dove, aggravando del continuo, in tre giorni o poco più, senza potervisi rimediare, d’anni 56 finì il corso della sua vita. Parve ciò cosa strana al Duca e similmente agli amici di lui. E non mancò chi per molti mesi credesse lui di veleno esser morto. Fu sepolto il corpo di Giovan Antonio onorevolmente, e della morte sua n’increbbe a molti, et in Vinegia specialmente. Perciò che Giovanni Antonio aveva prontezza nel dire, era amico e compagno di molti e si dilettava della musica, e perché aveva dato opera alle lettere latine, aveva prontezza e grazia nel dire. Costui fece sempre le sue figure grandi, fu ricchissimo d’invenzioni et universale in fingere bene ogni cosa; ma sopratutto fu risoluto e prontissimo nei lavori a fresco. Fu suo discepolo Pomponio Amalteo da S. Vito, il quale per le sue buone qualità meritò d’esser genero del Pordenone. Il quale Pomponio, seguitando sempre il suo maestro nelle cose dell’arte, si è portato molto bene in tutte le sue opere, come si può vedere in Udine nei portigli degl’organi nuovi, dipinti a olio. Sopra i quali nella faccia di fuori è Cristo che caccia i negozianti del tempio, e dentro è la storia della probatica piscina con la resurrezione di Lazzero. Nella chiesa di S. Francesco della medesima città è di mano del medesimo in una tavola a olio un S. Francesco che riceve le stimmate, con alcuni paesi bellissimi, et un levare di sole che manda fuori di mezzo a certi razzi lucidissimi il serafico lume, che passa le mani, i piedi et il costato a San Francesco; il quale, stando ginocchioni divotamente e pieno d’amore, lo riceve, mentre il compagno si sta posato in terra in iscorto tutto pieno di stupore. Dipinse ancora in fresco Pomponio ai frati della Vigna, in testa del reffettorio, Gesù Cristo in mezzo ai due discepoli in Emaus.