Pagina:Vasari - Le vite de’ piu eccellenti pittori, scultori, et architettori, 3-1, 1568.djvu/288

Da Wikisource.

e male inteso ai tempi di fra’ Iocondo, il quale confessa il detto Budeo avere avuto per suo maestro nelle cose d’architettura; ringraziando Dio d’avere avuto un sì dotto e sì diligente precettore sopra Vitruvio, come fu esso frate, il quale ricorresse in quello autore infiniti errori non stati infino allora conosciuti. E questo poté fare agevolmente per essere stato pratico in tutte le dottrine, e per la cognizione che ebbe della lingua greca e della latina. E queste et altre cose afferma esso Budeo, lodando fra’ Iocondo per ottimo architettore, aggiungendo che per opera del medesimo furono ritrovate la maggior parte delle Pistole di Plinio in una vecchia libreria in Parigi; le quali, non essendo state più in mano degl’uomini, furono stampate da Aldo Manuzio, come si legge, in una sua pistola latina stampata con le dette. Fece fra’ Iocondo, stando in Parigi al servizio del re Lodovico Duodecimo, due superbissimi ponti sopra la Senna carichi di botteghe; opera degna veramente del grand’animo di quel re e del maraviglioso ingegno di fra’ Iocondo. Onde meritò, oltre la inscrizione che ancor oggi si vede in queste opere in lode sua, che il Sanazzaro, poeta rarissimo, l’onorasse con questo bellissimo distico:

Iocundus geminum imposuit tibi Sequana pontem; hunc tu iure potes dicere Pontificem.

Fece, oltre ciò, altre infinite opere per quel re in tutto il regno, ma essendo stato solamente fatto memoria di queste come maggiori, non ne dirò altro. Trovandosi poi in Roma alla morte di Bramante, gli fu data la cura del tempio di San Piero, in compagnia di Raffaello da Urbino e Giuliano da S. Gallo, acciò continuasse quella fabrica cominciata da esso Bramante; per che minacciando ella rovina in molte parti, per essere stata lavorata in fretta e per le cagioni dette in altro luogo, fu per consiglio di fra’ Iocondo, di Raffaello e di Giuliano per la maggior parte rifondata; nel che fare, dicono alcuni che ancor vivono e furono presenti, si tenne questo moda: furono cavate, con giusto spazio dall’una all’altra, molte buche grandi a uso di pozzi, ma quadre, sotto i fondamenti, e quelle ripiene di muro fatto a mano furono fra l’uno e l’altro pilastro, o vero ripieno di quelle, gettati archi fortissimi sopra il terreno, in modo che tutta la fabrica venne a esser posta, senza che si rovinasse, sopra nuove fondamenta, e senza pericolo di fare mai più risentimento alcuno. Ma quello in che mi pare che meriti somma lode fra’ Iocondo, si fu un’opera di che gli deveno avere obligo eterno non pur i viniziani, ma con essi tutto il mondo; perché considerando egli che l’eternità della Republica di Vinizia pende in gran parte dal conservarsi nel sito inespugnabile di quelle lagune, nelle quali è quasi miracolosamente edificata quella città, e che ogni volta che le dette lagune atterrassero, o sarebbe l’aria infetta e pestilente, e per conseguente la città inabitabile, o che per lo meno ella sarebbe sottoposta a tutti quei pericoli a che sono le città di terraferma, si mise a pensare in che modo si potesse provedere alla conservazione delle lagune e del sito in che fu da principio la città edificata. E trovato il modo, disse fra’ Iocondo a que’ signori che, se non si veniva a presta resoluzione di riparare a tanto danno, fra pochi anni, per quello che si vedeva essere avenuto in parte, s’accorgerebbono dell’errore loro senza essere a tempo a potervi rimediare. Per lo quale avvertimento svegliati