Pagina:Vasari - Le vite de’ piu eccellenti pittori, scultori, et architettori, 3-1, 1568.djvu/364

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non molto dopo rendé l’anima. Di che sentirono gl’amici e parenti suoi infinito dolore, e ne patirono molte fabriche, ma particolarmente il palazzo de’ Farnesi, vicino a campo di Fiore. Aveva papa Paulo Terzo, quando era Alessandro cardinal Farnese, condotto il detto palazzo a bonissimo termine, e nella facciata dinanzi fatto parte del primo finestrato, la sala di dentro, et aviata una banda del cortile, ma non però era tanto innanzi questa fabbrica, che si vedesse la sua perfezzione; quando, essendo creato Pontefice, Antonio alterò tutto il primo disegno, parendogli avere a fare un palazzo non più da cardinale, ma da pontefice. Rovinate dunque alcune case che gli erano intorno e le scale vecchie, le rifece di nuovo e più dolci, accrebbe il cortile per ogni verso e parimente tutto il palazzo, facendo maggior corpi di sale e maggior numero di stanze e più magnifiche, con palchi d’intaglio bellissimi et altri molti ornamenti. Et avendo già ridotta la facciata dinanzi, col secondo finestrato al suo fine, si aveva solamente a mettere il cornicione, che reggesse il tutto intorno intorno. E perché il Papa, che aveva l’animo grande et era d’ottimo giudicio, voleva un cornicione il più bello e più ricco che mai fusse stato a qual si voglia altro palazzo, volle, oltre quelli che avea fatto Antonio, che tutti i migliori architetti di Roma facessino ciascuno il suo per appiccarsi al migliore, e farlo nondimeno mettere in opera da Antonio. E così una mattina che desinava in Belvedere, gli furono portati inanzi tutti i disegni, presente Antonio. I maestri de’ quali furono Perino del Vaga, fra’ Bastiano del Piombo, Michelagnolo Buonarruoti e Giorgio Vasari, che allora era giovane e serviva il cardinal Farnese, di commessione del quale e del Papa aveva pel detto cornicione fatto, non un solo, ma due disegni variati. Ben è vero che il Buonarroto non portò il suo da per sé, ma lo mandò per detto Giorgio Vasari, al quale, essendo egli andato a mostrargli i suoi disegni perché gli dicesse l’animo suo come amico, diede Michelagnolo il suo acciò lo portasse al Papa, e facesse sua scusa, che non andava in persona, per sentirsi indisposto. Presentati dunque tutti i disegni al papa, Sua Santità gli considerò lungamente e gli lodò tutti per ingegnosi e bellissimi, ma quello del divino Michelagnolo sopra tutti. Le quali cose non passavano, se non con malanimo d’Antonio, al quale non piaceva molto questo modo di fare del Papa, et averebbe voluto far egli di suo capo ogni cosa. Ma più gli dispiaceva ancora il vedere che il Papa teneva gran conto d’un Iacopo Melighino ferrarese, e se ne serviva nella fabbrica di San Piero per architetto, ancor che non avesse né disegno, né molto giudizio nelle sue cose, con la medesima provisione che aveva Antonio, al quale toccavano tutte le fatiche. E ciò aveniva perché questo Melighino, essendo state familiare servitore del Papa molti anni senza premio, a Sua Santità piaceva di rimunerarlo per quella via; oltre che aveva cura di Belvedere e d’alcun’altre fabriche del Papa. Poi dunque che il Papa ebbe veduti tutti i sopradetti disegni, disse, e forse per tentare Antonio: "Tutti questi son belli, ma non sarà male che noi veggiamo ancora uno che n’ha fatto il nostro Melighino". Per che Antonio, risentendosi un poco e parendogli che il papa lo burlasse, disse: "Padre Santo, il Melighino è