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che sono incerte e dubie, come dei pensieri, inclinazioni ed affetti di quel principe, con tutto quel più verissimile fondamento che mi potrá esser persuaso dalla ragione, da quel che io ho osservato della sua natura, e che ho cavato dai suoi discorsi. E portando il tutto con grandissima sinceritá, mi affaticherò principalmente di levar piú presto che sará possibile alle Signorie Vostre illustrissime ed eccellentissime la molestia del presente discorso.

Possedè, come è benissimo noto, il signor duca di Mantova, al quale Vostra Serenitá m’ha mandato per suo ambassatore, due Stati: quello di Mantova e quello del Monferrato. In quello di Mantova, oltre molte grosse terre, come Canedo, la Volta, Valezo, Viadana, Ostia, Revere, Castel Pupo, che è luogo di presidio, ed altre, ha principalmente la cittá di Mantova, residenzia ordinaria del signor duca, se ben conviene al tempo dell’estate uscir fuori ed andar ad abitar in alcun altro luogo, de’ molti che ha vicinissimi alla cittá, d’aria piú salubre e pieni di abondanti commodi e delizie. E questo, perché il lago di Mantova, che per altro è non solo principalissimo e nobilissimo ornamento della cittá, ma forte e sicuro riparo di lei, al tempo del caldo si scema e, rimanendo perciò scoperta ed asciuta la pallude, genera certa nebbia, che rende l’aria molto grave e pericolosa. La cittá è in se stessa grande e capace, convenientemente adornata di nobili edifici, di belle strade ed abitata assai, essendovi in essa 30.000 persone in circa. Si lavora in essa molto di gucchieria, di lane, di azze e di seda in particolare, ed è mercantile tanto che basta; e li ebrei sopra gli altri fanno il piú delle facende, poiché di pani, di seda, di lana e d’ogn’altra cosa e infino di gioie e d’argenti si trova nel ghetto in maggior copia il tutto che in altro luoco o mercanti della cittá.

Vi è in Mantova considerabile numero di gentiluomini e cavallieri, se ben, eccettuati quelli di casa Gonzaga ed altri pochi, son gli restanti di mediocre e piú tosto stretta fortuna. Sono insigniti alcuni di loro dell’ordine del signor duca, del Redentore o del Tabernacolo che lo vogliamo chiamare, ed in particolare quelli di casa Gonzaga: dignitá che li rende riguardevoli