Pagina:Venezia – Relazioni degli ambasciatori veneti al Senato, Vol. I, 1912 – BEIC 1904739.djvu/219

Da Wikisource.

relazione di alvise molin 213

ponersi, vedendo l’aperta e dechiarita professione loro di fargli del male. Aggiunse che lo imputavano d’aver mandate lettere di credenza per il sargente Ferro, con oggetto di concertare di dare Casale in mano de’ spagnoli: pigliò la risposta, che disse essere autentica di pugno del Montiglio, e me la mostrò (di questa mandai a Vostra Serenitá da Mantova la copia datami allora dalla signora prencipessa), dolendosi che non la volevano francesi poner in processo, perché dal contenuto di quella si comprende essere il negozio di prestanza di denari e non di dare Casale a’ spagnoli. Si diffuse sopra di ciò, per farmi credere essere questa pura e mera impostura per pregiudicare alla signora prencipessa e rovinar la sua persona, ed essibi di ponersi nelle mani di chi sia, fuor che de’ francesi, per giustificarsene. Le mie risposte furono generali d’affetto, di stima, di consolazione, meschiate di lode del suo valore e di ringraziamento della confidenza, con oggetto di confirmare ed ingrandire la buona disposizione da lui dimostrata.

Venne il senator Paraleoni: mi portò copia del processo, che rendo a Vostra Serenitá insieme con le due lettere, una scritta alla signora prencipessa, l’altra al medesimo Paraleoni da’ deputati ad assister al detto processo in Casale, che la signora prencipessa aveva fatte legger nell’udienza privata, de’ quali diedi allora notizia a Vostra Serenitá. Accompagnò il processo e le lettere il Paraleoni con viva espressione dell’intiera confidenza che vuol usare la signora prencipessa con la serenissima republica, godendo che da lei sia tutto veduto, tutto essaminato, perché chiara vedrá dal medesimo processo scoprirsi la calunnia. Disse che il tempo non aveva servito di fare tutte le annotazioni nel margine al medesimo processo, ma che al ressidente qui in Venezia si sarebbe mandato quello di piú fosse occorso, perché lo partecipasse. Da questo entrò a parlare di se medesimo, professando sommo ossequio e riverenza, e molto dicendo di tenersi obligato alla Serenitá Vostra per gli onori ricevuti qui ogni volta che dalla signora prencipessa vi è stato ispedito. E soggionse che, se bene dall’eccellentissimo Consiglio de’ dieci fu fatto diligentemente osservare, in particolare per