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Mandò la signora prencipessa a chiamare il secretano subito doppo il pranzo, in tempo che nessuno era in corte. Fu introdotto a Sua Altezza per li corridori. Gli disse qualche cosa della necessitá delle sue risserve nel trattar con chi si sia per esser sempre osservata da’ francesi, che sinistramente interpretavano ogni sua operazione. Poi soggionse che tanto aveva che dire ed era cosí breve il tempo, che però l’aveva mandato a chiamare, perché mi rifferisse aver ella fatto tutto il possibile perché gustato rimanesse sempre il signor Della Tur, ma non esserli punto giovato. Che egli con il signor Della Tullerie ed altri praticavano continuamente in una conversazione di dame, fra quali ve n’è qualcheduna non bene contenta, che ha procurato di sovertire lo spirito loro e far aver a lei con tali mezi de’ disgusti. Che dal principio ha procurato, col far bella ciera a queste dame, divertirle dalli mali proponimenti, e distornare di questo modo li mariti ancora: non aver ottenuto l’intento; onde ha provato se il rimedio contrario giovar potesse, e cominciò a far loro ciera brusca e non ben trattarle quando andavano in corte. Questo pure causò effetto tutto contrario: s’inasprirono di modo, che indussero il signor Della Tur a far de’ mali uffici contro di lei, ne’ quali sempre piú si è andato impegnando per discreditarla e porla in mala fede appresso il re cristianissimo e la serenissima republica. Da che n’è nato che, procedendosi con questa diffidenza, si sono ridotte le cose allo stato che ora sono e si è stampata l’impostura di Casale, con solo oggetto di levar a lei la tutela ed arrogarla alla Maestá cristianissima, come nominata nel testamento del fu duca Carlo, intendendosi in questo molto bene col signor D’Emeri, ambasciator in Savoia, aperto nimico della sua casa, e tenendo mano il cavaliere Guiscardi, lo spirito del quale non ha potuto guadagnar mai, tutto che abbia, sino in vita del duca Carlo, studiato di beneficarlo e presa una figlia sua per dama della prencipessa Leonora. A questo passo disse esserle opposto che non l’abbia voluto presso di sé per consigliarsi, come pare fosse intenzione del duca Carlo, espressa nel suo testamento; e, per giustificarsi, mostrò e diede al secretano, che doppo ne cavò copia, la seguente lettera scritta al Guiscardi: