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relazione di alvise molin 219

conte Martinengo. Soggiúnse poi che, non contenti d’averle tolto il dominio di Casale e Monferrato, cacciando il Guabianetto, presidente del magistrato e che aveva cura delle rendite, onde piú non cavava cosa alcuna, aveano fatte prattiche in Mantova di gran consequenza e rilevanza, che il signor Della Tur avea cominciato con un capitano francese, essortandolo ad arricordarsi di essere buon suddito del re e, in ogni caso, tener buono per Sua Maestá. Questo rispose che era al soldo della serenissima republica, che non doveva o poteva far cosa contro la sua riputazione; ma che, trattandosi del servizio del re, si sarebbe levato da quello della serenissima republica, per spender la vita poi in quello di Sua Maestá. Che fu poco doppo, con occasione di permuta, levato quel capitano, onde rimase quel negoziato senza effetto; e che prattiche simili non solo l’ha continuate il signor Della Tur, ma il signor Della Tullerie ancora, con li principali soggetti di Mantova, coltivandole a segno che è venuta una flotta di lettere del re a diversi. Cosi apunto disse, e ne levò una di manica, che mostrò al secretano, autentica francese e anco tradotta in italiano: fu letta da lui medesimo. Il contenuto era in sostanza: aviso d’aver inteso dal signor Della Tullerie la buona disposizione verso gl’interessi del re, essortazione a continuar nel proposito, dimostrazione di grado, rimettendosi nel resto a quel di piú dicesse il signor Della Tullerie. La lettera del re mostrata dalla signora prencipessa era diretta al marchese Giulio Gonzaga, era scritta al principio di giugno e frescamente capitata. Disse averla avuta in confidenza, e che sapeva esserne state recapitate di simili molte: in particolare nominò il marchese di Pomá, l’abbate di Santa Barbara. E soggionse che a’ suoi propri piú stretti ministri credeva ne fossero pur state scritte; che ancora non n’era ceri a, e che sperava venirne in chiaro. Essagerò sopra questo negozio grandemente, disse molte altre cose e fece diverse instanze e considerazioni, che, avendole a me medesimo repplicate, saranno ridette a Vostra Serenitá particolarmente.

Andato io dalla signora prencipessa a licenziarmi, mi disse che dovevo aver inteso quello che ha confidato al secretano,