Pagina:Venezia – Relazioni degli ambasciatori veneti al Senato, Vol. I, 1912 – BEIC 1904739.djvu/247

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relazione di alvise donato 241

apportar ragione pur apparente, non che giustificata e vera, delle sue presenti operazioni, delle quali doveri in fine o ad un modo o ad un altro pagar la dovuta pena; sapendosi che d’ordinario, anco a quei a chi han servito, dispiaciono i traditori, e che la volubilitá di cervello e la facilitá del signor duca di Savoia nel mutar partito ha giá tirati altri suoi simili al precipizio della fortuna, alla perdita della vita: di che si raccontano non uno, ma molti segnalati essempi.

Molti piemontesi, sudditi naturali del signor duca di Savoia, possedono beni nel Monferrato; ma pochi monferrini hanno interesse nel Piemonte. È però occorso che nel numero di ribelli del signor duca di Mantova, ch’è di 17, si siano inclusi alcuni piemontesi, specialmente quelli che, avendo feudi nel dominio di Sua Altezza, gli hanno in quest’occasione portato l’armi contra, tra i quali il figliuolo del conte di Verua, marchese di Saluzzo.

Cava ordinariamente il signor duca ogni anno di quel Stato in tempo di pace 350.000 ducati di rendita: 100.000 di questi restano impiegati nelle spese pur ordinarie di presidi, officiali, magistrati e senato, che ascendono in tutto al numero di 111 persone; il resto cápita nell’errario di Sua Altezza, eccettuatone 30.800 scudi, che annualmente si pagano di censo ad alcune case di genovesi, per debito contratto con loro in diverse occasioni dal fu giá duca Vicenzo.

E questo è quello ch’io so e che posso dir a Vostra Serenitá ed alle Eccellenze Vostre delle condizioni, stato ed esser del Monferrato. Riferirò ora tutto quello che ne’ turbini de’ presenti affari è pervenuto a mia notizia e che, con l’industria usata per servizio di Vostra Serenitá, m’è riuscito di poter penetrare. E nel rappresentargli, in negozio di tanto momento e di cosí pesanti consequenze, il stato delle cose, i consigli, i fini, i dissegni, i successi, le qualitá delle persone e i loro interessi e finalmente il bene ed il male (non giá con fine d’adulare o per gusto di detraere all’altrui fama, ma bensí a ciò quest’eccellentissimo senato sappia, com’è ragionevole e necessario, l’intiero del tutto), usarò quella schiettezza e fedeltá che stimo convenirsi all’obligo