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da Leone X e Clemente VII, pontefici della casa de’ Medici, e molti altri rispetti importantissimi, poiché, come è ben noto a Vostra Serenitá, il duca Cosmo sudetto, essendosi impadronito dell’animo di Pio IV, procurò esso d’indurre quel pontefice a molestare il signor duca; e l’effetto saria forsi riuscito conforme all’intenzione, quando il vedere che i suoi dissegni erano sospetti, il timore della protezione che la Maestá cattolica prese di Ferrara e delle molte offerte che molti prencipi dell’imperio fecero a Sua Eccellenza, non gli avesse ritenuti. Dalle quali tutte cose può benissimo Vostra Serenitá considerare l’animo di questi prencipi e credere che, se bene è morto il duca Cosmo, continuando però la medesima emulazione e concorrenza, continui anco la mala sodisfazione. Con tutto questo, all’uso de’ prencipi, che tengono il suo pensiero nascosto sin tanto che s’appresenta buona occasione di palesarlo, in apparenza hanno sempre mostrato e mostrano esser amici.

E questo basti quanto alti prencipi confinanti. Ma perché doi gran prencipi sono l’imperatore e il re di Francia, li quali, si bene non confinano con lo Stato di Ferrara, poiché i loro Stati sono all’Italia congiunti e di tanta importanza, devono essere considerati da chi discorre sopra alcun prencipe d’Italia, toccarò anco brevemente delle Loro Maestá.

Il padre e avo di Sua Eccellenza, sono stati di parte francesi, come è noto al mondo; e Sua Eccellenza, come figliolo della serenissima madama Renea, figliola del cristianissimo re Luigi XII, ne’ suoi primi anni andò in Francia, e col valor suo e liberalitá s’acquistò la grazia del re Arrigo suo cugino e fu amato e onorato dal re Francesco II suo nipote. Ma vedendo poi le cose di quel regno sottosopra, perché non solo non li erano resi li danari de’ quali anco è creditore, ma li fu violato il possesso della precedenza, essendo introdotto l’ambasciatore fiorentino in certa solennitá prima che venisse il suo, e vedendo finalmente che appresso al re giovane più valeva l’autoritá della regina madre nei bisogni propri ed esperienza di esser sovvenuto da’ danari del signor duca di Fiorenza, che il parentado, meriti suoi ed ordini dei re defonti, che col consiglio avevano