Pagina:Venezia – Relazioni degli ambasciatori veneti al Senato, Vol. II, 1913 – BEIC 1905390.djvu/70

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bene, s’in quella cittá non fusse permesso ai magistrati accettar presenti; ma pare a me che ciascuno de’ grandi ne pigli sfacciatamente, purché gli vengano inanzi i donatori: cosa pestifera e perciò proibita dalle sante leggi di questa republica. Di qual importanzia sia il castello di Milano non dichiarirò a Vostra Serenitá, perché son certo ch’ Ella per relazione di molti lo debba benissimo sapere. Concluderò in poche parole, ch’esso castello, qual gira intorno circa mezo miglio, è reputato forte e sta ben munito di tutte le cose necessarie. Il magnifico castellano è il signor Giovan de Luna, spagnolo. Vuol esso castello scudi 1S.000 di spesa all’anno. S’alcuno di questi eccellentissimi padri vorrá da me qualche piú particolar informazione delle cose di Milano o d’altro pertinente a quella legazione, eccomi pronto a dargli conto di quel poco ch’io saprò ed a bocca ed in scrittura, come mi sará ordinato.

Io, illustrissimi signori, dopo presa in campagna, sotto San Damiano, grata licenzia dal signor don Ferrante, mi condussi a dritto camino a Milano per far riverenzia alla signora principessa, al magnifico gran cancelliero ed a quei altri signori, come ricercava il debito mio. Ivi mi lu per nome di Soa Eccellenzia donata una catena d’oro di circa 300 scudi, come s’è fatto per l’adietro ad altri miei precessori; del tratto della qual potrò servirmi per satisfar, se non in tutto, almeno in parte ai debiti contratti da me per servir Vostra Celsitudine onorevolmente nel tempo ch’io son stato alla corte. Ed alla buona grazia di Vostre Signorie eccellentissime umilmente mi raccomando.