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la festa dei morti. 137

dall’agonia. — Nè le ansie in cui vegliai tante notti davanti a quel guanciale in cui posava la cara testa bianca. — Nè le carezze colle quali mi pagavi il latte del mio seno e i dolori della mia maternità. — E neppure le lotte in cui mi son logorato. — Nè le speranze che mi hanno accompagnato sin qui. — Nè i fiori del campo per cui ho tanto sudato. — Nè i libri sui quali ho vissuto tanta e tanta vita. — Nè la bestemmia del marinaio che stringe ancora le alighe secche nelle falangi disperate. — Nè la preghiera del prete che implora il perdono dei falli umani. — E neppure l’azzurro profondo del cielo tempestato di stelle; nè il tenebrore vivente del mare che batte allo scoglio. — L’onda che s’ingolfa gorgogliando nella caverna sotterranea, e scorre lenta e livida sulla “Tavola del Prete” si porta via per sempre le briciole del convito, e la memoria di ogni cosa.

Ora nel costruire la diga del molo nuovo, hanno demolito la chiesuola e scoperchiato la sepoltura. La macchina a vapore vi fuma tutto