Pagina:Verne - Il giro del mondo in ottanta giorni, Milano, Treves, 1873.djvu/138

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dovuto uscire dalla sua borsa, non viveva più. Quella tempesta lo esasperava, quella raffica lo metteva in furore, egli avrebbe volentieri sferzato quel mare disobbediente! Povero giovane! Fix gli celò accuratamente la sua soddisfazione personale, e fece bene, chè se Gambalesta avesse indovinato il segreto giubilo di Fix, Fix avrebbe passato un brutto quarto d’ora.

Gambalesta, durante tutta la durata della burrasca, se ne stette sul ponte del Rangoon. Egli non avrebbe potuto starsene abbasso; s’arrampicava all’alberatura; maravigliava l’equipaggio ed aiutava a tutto con un’agilità da scimmia. Cento volte egli interrogò il capitano, gli ufficiali, i marinai, che non potevano far a meno di ridere vedendo un giovanotto così disinvolto. Gambalesta voleva sapere assolutamente quanto tempo sarebbe durata la tempesta. Lo si rimandava allora al barometro, che non si decideva a risalire. Gambalesta scoteva il barometro; ma a nulla servivano nè le scosse nè le ingiurie di cui egli caricava l’irresponsabile strumento.

Finalmente la procella si calmò. Lo stato del mare si modificò nella giornata del 4 novembre. Il vento balzò di due quarti nel sud e ridivenne favorevole.

Gambalesta si rasserenò col tempo. Le gabbie e le vele basse poterono essere sciolte, e il Rangoon ripigliò il suo cammino con una prodigiosa celerità.

Ma non si poteva riacquistare tutto il tempo perduto. Era mestieri rassegnarsi, e la terra non fu segnalata che il 6, alle cinque del mattino. L’itinerario di Phileas Fogg recava l’arrivo del piroscafo al 5. Ora, esso non giungeva che il 6. Erano ventiquattr’ore di ritardo, e la partenza per Yokohama sarebbe necessariamente perduta.