Pagina:Verne - Il giro del mondo in ottanta giorni, Milano, Treves, 1873.djvu/174

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teva il suo torpore. Egli lasciava quel letto d’ubbriachi, e traballando, appoggiandosi ai muri, cadendo e rialzandosi, ma sempre e irresistibilmente spinto da una specie d’istinto, egli usciva dalla tabagìa, gridando come in un sogno: il Carnatic! il Carnatic!

Il piroscafo era là, fumante, pronto a partire. Gambalesta non aveva che pochi passi da fare. Egli si slanciò sul ponte volante, oltrepassò la murata, e cadde privo di sensi a prora, al momento che il Carnatic scioglieva i suoi ormeggi.

Alcuni marinai, da gente avvezza a simili scene, discesero il poveraccio in una cabina dei secondi posti, e Gambalesta non si risvegliò che la mattina dopo, a centocinquanta miglia dalle terre della Cina.

Ecco il perchè, quel mattino, Gambalesta si trovava sul ponte del Carnatic, ove usciva ad aspirare con tutta la forza dei suoi polmoni le fresche brezze del mare. L’aria pura finì di levargli tutti i fumi dell’oppio. Egli cominciò a raccogliere le sue idee, e non ci riuscì senza stento. Ma, finalmente, si ricordò la scena del giorno prima, le confidenze di Fix, la tabagìa.

«È evidente, disse tra sè, che sono stato abbominevolmente ubbriacato! Che dirà mai il signor Fogg? Ad ogni modo, non ho perduto il battello: quest’è il principale.»

Indi pensando a Fix:

«Ah! colui! disse tra sè, spero bene che ne siamo sbarazzati: dopo ciò che mi propose non avrà certo osato seguirci sul Carnatic. Un ispettore di polizia, un detective alle calcagna del mio padrone, accusato di quel furto commesso alla Banca d’Inghilterra! Baje! Il signor Fogg è un ladro come io sono un assassino!»