Pagina:Verne - Il giro del mondo in ottanta giorni, Milano, Treves, 1873.djvu/177

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pel suo padrone, per mistress Auda e per sè. Mangiò come se il Giappone, dove stava per approdare, fosse un paese deserto, sprovvisto di qualunque sostanza commestibile.

Il 13, con la marea del mattino, il Carnatic entrava nel porto di Yokohama.

Questo punto è un approdo importante del Pacifico, dove poggiano in porto tutti i piroscafi che fanno il servizio della posta e dei viaggiatori tra l’America del Nord, la Cina, il Giappone e le isole della Malesia. Yokohama è situata nella medesima baia di Yeddo, a poca distanza da quell’immensa città, seconda capitale dell’impero giapponese, già residenza del taikun, nel tempo in cui quell’imperatore civile esisteva, e rivale di Meaka, la grande città che abita il mikado, imperatore ecclesiastico e discendente degli dêi.

Il Carnatic andò a schierarsi al molo di Yokohama, vicino alle gettate del porto ed ai magazzini della dogana, in mezzo a buon numero di navi appartenenti a tutte le nazioni.

Gambalesta pose il piede senz’alcun entusiasmo su quella terra tanto curiosa dei Figli del Sole. Il meglio ch’ei potesse fare era di pigliarsi il caso per guida, e andare alla ventura per le strade della città.

Gambalesta si trovò dapprima in una città assolutamente europea, con case a facciate basse, ornate di verande sotto le quali si entrava in eleganti peristilii, e che copriva con le sue strade, con le sue piazze, co’ suoi docks, co’ suoi magazzini, lo spazio compreso dal promontorio del Trattato sino al fiume. Colà, come a Hong-Kong, come a Calcutta, formicolava un miscuglio di gente di tutte le razze. Americani, Inglesi, Cinesi, Olandesi, mercanti pronti a vende