Pagina:Verne - Il giro del mondo in ottanta giorni, Milano, Treves, 1873.djvu/186

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— Allora dovete saper fare molte smorfie.

— Affè, rispose Gambalesta, punto di vedere la sua nazionalità provocare quella domanda, noi altri Francesi sappiamo fare delle smorfie, è vero, ma non meglio degli Americani!

— Giusto. Ebbene, se non vi piglio come servo, posso pigliarvi come clown. Mi capite, giovinotto mio; in Francia si hanno pagliacci stranieri, e all’estero pagliacci francesi!

— Ah!

— Siete robusto, poi!

— Specialmente quando mi alzo da tavola.

— E sapete cantare?

— Sì, rispose Gambalesta, che in passato aveva fatto la sua parte in certi concerti di strada.

— Ma sapete cantare con la testa in giù, con una trottola che gira sulla pianta del piede sinistro e una sciabola in equilibrio sulla pianta del piede destro?

— Altro che! rispose Gambalesta, che si ricordava i primi esercizi della sua giovinezza.

— Gli è che, vedete, tutto sta in questo! rispose l’onorevole Batulcar.

Il contratto fu stipulato hic et nunc.

Alla perfine Gambalesta aveva trovato una posizione. Egli era arruolato per far di tutto nella celebre compagnia giapponese. Ciò non lusingava molto il suo amor proprio, ma prima di otto giorni egli poteva essere in viaggio per San Francisco.

La rappresentazione, annunciata con gran fracasso dall’onorevole Batulcar, doveva cominciare alle tre, e ben presto i formidabili strumenti d’un’orchestra giapponese, tamburi e tam-tam, strepitarono alla porta. Si capisce bene che Gambalesta non aveva potuto