Pagina:Verne - Il giro del mondo in ottanta giorni, Milano, Treves, 1873.djvu/212

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inea correva direttamente al nord-est, fiancheggiando l’American-River, fiume che si versa nella baia di San Pablo.

Le centoventi miglia comprese fra queste due importanti città furono percorse in sei ore, e verso mezzanotte, mentre dormivano il loro primo sonno, i viaggiatori passarono per Sacramento. Essi non videro dunque nulla di quella considerevole città, sede della legislatura dello Stato di California, nè le sue belle piazze, nè le sue strade larghe, nè i suoi alberghi splendidi, nè i suoi squares, nè i suoi tempii.

Uscendo da Sacramento, il treno, dopo aver oltrepassato le stazioni di Junction, di Roclin, d’Auburn e di Colfax, s’internò nelle roccie della Sierra-Nevada. Erano le sette del mattino, allorchè si passò per la stazione di Cisco. Un’ora dopo, il dormitorio era diventato un vagone ordinario, e i viaggiatori potevano attraverso i cristalli, scorgere i punti di vista pittoreschi di quel montagnoso paese. Il tracciato del treno obbediva ai capricci della Sierra: qui aggrappato ai fianchi della montagna, là sospeso sull’alto dei precipizii, evitando gli angoli scabri con delle curve audaci, slanciandosi in certe gole strette che si dovevano credere senza uscita. La locomotiva, scintillante come un reliquario, col suo gran fanale che gettava bagliori rossastri, la sua campana inargentata, il suo scaccia-vacche, che si protendeva come uno sperone, confondeva i suoi sibili e i suoi muggiti a quelli dei torrenti e delle cascate, e attorceva il suo fumo ai negri rami degli abeti.

Pochi o punto gallerie, nè ponti sulla strada. Il rail-road girava il fianco delle montagne, non cercando nella linea retta il più corto cammino da un punto ad un altro, e senza far violenza alla natura.