Pagina:Verne - Il giro del mondo in ottanta giorni, Milano, Treves, 1873.djvu/249

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ss’egli.

Da lì a pochi istanti, il signor Fogg aveva stretto la mano della giovine donna; indi, dopo averle consegnato il suo prezioso sacco da viaggio, partiva col sergente e la sua piccola brigata.

Ma prima di partire, aveva detto ai soldati:

— Amici, vi sono mille sterline per voi, se salviamo i prigionieri!

Era allora mezzodì e qualche minuto.

Mistress Auda si era ritirata in una camera della stazione, e là, sola, ella aspettava, pensando a Phileas Fogg, a quella generosità semplice e grande, a quel tranquillo coraggio. Il signor Fogg aveva sacrificato la sua sostanza, ed ora giocava la vita, tutto ciò senza esitazione, per dovere, senza frasi. Phileas Fogg era un eroe agli occhi di lei.

L’ispettore Fix non la pensava così, e non poteva contenere la sua agitazione. Passeggiava con passo febbrile sulla piazza della stazione. Soggiogato per un momento, egli ridiventava quel di prima. Partito Fogg, comprendeva la stoltezza che aveva fatto di lasciarlo partire. Che! quell’uomo che aveva fin allora seguito intorno al mondo, egli aveva consentito a separarsene! La sua indole ripigliava il disopra, egli s’incriminava, s’accusava, faceva tutta la parte del direttore della polizia metropolitana, quando strapazza un agente colto in flagrante delitto d’ingenuità.

— Sono stato uno stolido! pensava egli. L’altro gli avrà detto chi ero! È partito, non ritornerà! Dove ripescarlo adesso? Ma come mai ho potuto lasciarmi affascinare a questo modo, io, Fix, io che ho in tasca il suo ordine d’arresto! Decisamente non sono che una bestia!