Pagina:Verne - Il giro del mondo in ottanta giorni, Milano, Treves, 1873.djvu/274

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Tuttavia, il vento non frescò tanto come avrebbesi potuto temere. Non fu uno di quegli uragani che passano con una velocità di novanta miglia all’ora. Esso si mantenne freschissimo, ma sfortunatamente soffiò ostinatamente dalla parte del sud-est e non permise di far tela. Eppure sarebbe stato utile, come si vedrà fra poco, di andar in aiuto al vapore!

Il 16 dicembre era il settantesimoquinto giorno trascorso dalla partenza da Londra. Insomma, l’Henrietta non aveva ancora un ritardo inquietante. La metà del tragitto era press’a poco fatta, e i peggiori paraggi erano sorpassati. In estate si poteva garantire il successo. D’inverno si era in balìa della cattiva stagione. Gambalesta non si pronunciava. In fondo, egli aveva speranza, e se il vento faceva difetto, si contava sul vapore.

Ora, quel giorno, il macchinista essendo salito sul ponte, incontrò il signor Fogg, e s’intrattenne vivamente con lui.

Senza sapere perchè, — per un presentimento senza dubbio, — Gambalesta risentì come una vaga inquietudine. Egli avrebbe dato una delle sue orecchie per udire con l’altra ciò che si diceva. Egli potè appena afferrare queste parole dette dal suo padrone:

«Siete certo di ciò che asserite?

— Certo, signore, rispose il macchinista. Non dimenticate che fin dalla nostra partenza noi riscaldiamo con tutti i fornelli accesi, e se avevamo sufficiente carbone per andare a piccolo vapore da Nuova-York a Bordò, non ne abbiamo a sufficienza per andare a tutto vapore da Nuova-York a Liverpool!

— Ci penserò,» rispose il sign