Pagina:Verne - Il giro del mondo in ottanta giorni, Milano, Treves, 1873.djvu/283

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quei furori segreti, terribili, perchè contenuti, e che scoppiano in un dato momento con forza irresistibile! Chi sa! Ma Phileas era lì, calmo, aspettando... che cosa? Serbava forse qualche speranza? Credeva ancora al successo, quando udì chiudersi l’uscio della prigione?

Checchè ne sia, il signor Fogg aveva accuratamente deposto il suo oriuolo sopra una tavola, e ne guardava camminare le sfere. Non una parola gli sfuggiva dalle labbra, ma il suo sguardo aveva una fissità singolare.

In ogni caso, la situazione era terribile, e per chi non poteva leggere in quella coscienza, la si riassumeva così:

Onest’uomo, Phileas Fogg era rovinato.

Briccone, egli era preso.

Ebbe egli allora il pensiero di salvarsi? Pensò a cercare se quel posto presentava un’uscita praticabile? Pensò a fuggire? Si sarebbe tentati a crederlo, poichè ad un dato momento egli fece il giro della stanza. Ma la porta era solidamente chiusa e la finestra munita di sbarre di ferro. Egli tornò dunque a sedere, ed estrasse dal suo portafogli l’itinerario del viaggio. Sulla linea che conteneva queste parole:

«21 dicembre, sabato. Liverpool,» egli aggiunse:

«80º giorno, ore 11 e 40 min. ant.,» ed aspettò.

Un’ora suonò all’orologio di Custom House. Il signor Fogg verificò che il suo orologio avanzava di due minuti su quell’orologio.

Le due! Ammettendo che salisse in quel momento in un treno espresso, egli poteva ancora giungere a Londra ed al Reform-Club prima delle otto e qua