Pagina:Verne - Il giro del mondo in ottanta giorni, Milano, Treves, 1873.djvu/288

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sera soltanto, chiederebbe a mistress Auda il permesso d’intrattenerla per pochi minuti.

Gambalesta, avendo comunicazione del programma della giornata, non doveva far altro che conformarvisi. Eppure egli non si moveva di là, guardava il suo padrone sempre impassibile, non poteva decidersi a lasciare la sua stanza. Il suo cuore era angosciato, la sua coscienza crucciata dai rimorsi, perocchè egli accusava più che mai sè stesso di quell’immenso disastro. Sì! s’egli avesse avvertito il signor Fogg, se gli avesse svelato i progetti dell’agente Fix, il signor Fogg non avrebbe certamente condotto l’agente Fix sino a Liverpool, ed allora....

Gambalesta non potè più contenersi.

— Padron mio! signor Fogg! esclamò egli, maleditemi. È stato per colpa mia che....

— Io non accuso nessuno, rispose Phileas Fogg con accento perfettamente calmo. Andate.

Gambalesta lasciò la camera ed andò a trovar la giovine signora, alla quale fece conoscere le intenzioni del signor Fogg.

— Signora, aggiuns’egli, io non posso nulla dal canto mio, nulla! Non ho alcuna influenza sul mio padrone. Voi, forse....

— Quale influenza potrei io mai avere! rispose mistress Auda. Il signor Fogg non ne subisce nessuna! Non ha neanco mai capito che la mia riconoscenza per lui era pronta a straripare! Non ha manco mai letto nel mio cuore! — Amico mio, non bisognerà lasciarlo un solo istante. Voi dite ch’egli manifestò l’intenzione di parlarmi stasera?...

— Sì, signora. Si tratta senza dubbio di tutelare la vostra situazione in Inghilterra.