Pagina:Verne - Il giro del mondo in ottanta giorni, Milano, Treves, 1873.djvu/61

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— Curiosa quest’India?

— Curiosissima! moschee, minareti, templi, fakiri, pagode, tigri, serpenti, bajadere! Ma è da sperarsi che avrete il tempo di visitare il paese.

— Lo spero, signor Fix. Capite bene che non è lecito ad un uomo sano di mente di consumare la vita a saltare da un battello a vapore in una ferrovia e da una ferrovia in battello, sotto pretesto di fare il giro del mondo in ottanta giorni! No, tutta questa ginnastica cesserà a Bombay, non ne dubitate.

— E sta bene il signor Fogg? domandò Fix col tono più naturale.

— Benone, signor Fix. Io pure, sapete. Mangio come un orco a digiuno. È l’aria del mare.

— E il vostro padrone, non lo vedo mai sul ponte.

— Mai. Egli non è curioso.

— Sapete, signor Gambalesta, che questo preteso viaggio in ottanta giorni potrebbe benissimo celare qualche missione segreta.... una missione diplomatica a mo’ d’esempio!

— Affè, signor Fix, non ne so nulla, ve lo confesso, e, a dirla, non darei neppur mezzo scudo per saperlo.»

Dopo quest’incontro, Gambalesta e Fix conversarono sovente assieme. All’ispettore di polizia premeva di legarsi col servo del signor Fogg. Ciò poteva giovargli all’occorrenza. E’ gli offriva dunque spesso, al barroom del Mongolia, qualche bicchiere di whisky o di pale-ale, che il buon figliuolo accettava senza cerimonie e del pari restituiva, tanto per non rimaner addietro, — trovando proprio che cotesto Fix era un onestissimo gentleman.

Intanto, il piroscafo si avanzava rapidamente. Il 13, si scoperse Moka, che apparve nella sua cinta d