Pagina:Verne - Il giro del mondo in ottanta giorni, Milano, Treves, 1873.djvu/76

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tagliate dal tracciato della via, ancora frequentate da elefanti, che, con occhio pensieroso, guardavano passare il convoglio scapigliato.

Durante quel mattino, al di là della stazione di Malligaum, i viaggiatori attraversarono quel territorio funesto, che fu così di sovente insanguinato dai settari della dea Kalì. Poco lunge si ergevano Ellora e le sue pagode ammirabili, poco lunge la celebre Orungabad, la capitale del feroce Orang-Zeb, ora semplice capoluogo d’una delle provincie staccate dal regno di Nizam. Fu su quella contrada che Feringhea, il capo dei Thugs, il re degli strangolatori, esercitava il suo dominio; quegli assassini, uniti in un’associazione misteriosa, strangolavano, in onore della dea della Morte, vittime di ogni età, senza mai versar sangue, e fuvvi un tempo che non si poteva frugare un luogo qualunque di quel suolo senza trovarvi un cadavere. Il governo inglese ha potuto impedire quelle uccisioni in massima parte, ma la spaventevole associazione esiste sempre e funziona ancora.

Mezz’ora dopo mezzodì, il treno si fermò alla stazione di Burhampur, e Gambalesta vi si potè procurare a prezzo d’oro un paio di pantofole, adorne di perle false, che egli calzò con un sentimento evidente di vanità.

I viaggiatori fecero colazione rapidamente e ripartirono per la stazione di Assurghur, dopo di avere per poco costeggiato la sponda del Tapty, fiumicello che va a versarsi nel golfo di Cambaia, vicino a Surate.

È opportuno far conoscere quali pensieri occupavano allora la mente di Gambalesta. Fino al suo arrivo a Bombay, egli aveva creduto e potuto credere che le cose non andrebbero più in là. Ma ora, da quando