Pagina:Verne - L'isola misteriosa, Tomo I, Milano, Guigoni, 1890.pdf/127

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— Non abbaja?

— No.

— È strano; proviamo a richiamarlo.

In pochi istanti l’ingegnere, Gedeone Spilett ed Harbert avevano raggiunto i loro compagni, ed al pari d’essi si nascosero dietro massi di basalto. Di là videro limpidamente un fumo che turbinava levandosi in alto; fumo il cui color giallastro era molto caratteristico. Top, richiamato da un fischio del padrone, tornò, e costui, facendo cenno al compagno di aspettarlo, si cacciò fra le roccie.

I coloni, immobili, aspettavano con una certa ansietà il risultato di questa esplorazione, quando un richiamo di Cyrus Smith li fece accorrere. Subito lo raggiunsero, e furono impressionati alla prima dallo spiacevole odore che impregnava l’atmosfera. Quest’odore, facilmente riconoscibile, aveva bastato all’ingegnere per indovinare di qual natura fosse quel fumo che da principio aveva dovuto inquietarlo non senza ragione.

— Questo fuoco, diss’egli, o meglio questo fumo, è opera della sola natura; non vi è qui altro se non una sorgente sulfurea che ci permetterà di curare con molta efficacia le nostre laringiti.

— Buono! esclamò Pencroff; peccato ch’io non sia costipato!

I coloni si diressero allora verso il luogo da cui sfuggiva il fumo. Colà videro una sorgente sulfurea sodica che scorreva abbondantemente fra le roccie e le cui acque mandavano un odore penetrante di acido solfidrico, dopo di aver assorbito l’ossigeno dell’aria.

Cyrus Smith, bagnandosi la mano, trovò quelle acque viscide al tatto, le assaggiò, e notò che il loro sapore era dolciastro; quanto alla loro temperatura, riputò essere di novantacinque gradi Fahrenheit (35 gradi centigr. sopra zero), ed avendo Harbert