Pagina:Verne - L'isola misteriosa, Tomo I, Milano, Guigoni, 1890.pdf/130

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non fu possibile cogliere le gazze ed i corvi che fuggivano a frotte. Una schioppettata a pallini avrebbe fatto un ecatombe di quei volatili; ma i cacciatori erano ancora ridotti, in fatto d’armi da tiro, ai sassi, ed in fatto d’armi in asta, al bastone.

L’insufficienza di questi strumenti primitivi fu di mostrata meglio quando una frotta di quadrupedi, veri mammiferi volanti, apparvero saltelloni, facendo balzi di trenta piedi, e fuggirono valicando i cespugli così lestamente ed a tanta altezza, che si sarebbe potuto credere s’avventassero da un albero all’altro, come gli scojattoli.

— Kanguri! esclamò Harbert.

— Roba che si mangia? domandò Pencroff.

— Accomodati in istufato valgono quanto la migliore selvaggina.

Gedeone Spilett non aveva ancora compita questa frase eccitante, che il marinajo, seguito da Harbert, s’era cacciato sulle traccie dei kanguri. Invano Cyrus Smith li richiamò, ed invano pure essi stavano per inseguire quegli animali che rimbalzavano come palle. Dopo cinque minuti di corsa i cacciatori ansimavano e la frotta spariva nei boschi. Top non era riuscito meglio de’ suoi padroni.

— Signor Cyrus, disse Pencroff quando l’ingegnere ed il reporter l’ebbero raggiunto, signor Cyrus, vedete bene che è indispensabile fabbricar dei fucili; forse ciò non sarà possibile?

— Può darsi, rispose l’ingegnere; ma prima incominceremo dal fabbricare archi e freccie, e sono sicuro che diverrete destri a maneggiarli quanto i cacciatori australiani.

— Freccie ed archi! disse Pencroff in aria disdegnosa; ciò è buono pei fanciulli!

— Non fate il fiero, amico Pencroff, disse il reporter. Gli archi e le freccie hanno bastato per secoli ad insanguinare il mondo, la polvere è di