Pagina:Verne - L'isola misteriosa, Tomo I, Milano, Guigoni, 1890.pdf/133

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erano rappresentate da uno scoglio che emergeva dalla superficie a poche centinaja di piedi dalla riva meridionale. Colà vivevano in comune molte coppie di martin-pescatori, posati su qualche sasso, gravi, immobili, spiando il pesce al passaggio, poi slanciandosi, tuffandosi, facendo udire un grido e riapparendo colla preda nel becco. Sulla riva dell’isolotto si pavoneggiavano anitre selvatiche, pellicani, gallinelle d’acqua, filedoni, muniti d’una lingua in forma di pennello, ed un pajo di campioni di quelle splendide manure, le cui foglie si foggiano a modo di lira.

Quanto alle acque del lago erano dolci, limpide, un po’ nere, e da certi ribollimenti, dai circoli concentrici che s’incrociavano alla superficie, non si poteva dubitare che non fossero ricche di pesci.

— È veramente bello questo lago! disse Gedeone Spilett; ci si vivrebbe sulle sponde!

— Ci si vivrà, rispose Cyrus Smith.

I coloni, volendo allora tornare per la via più breve ai Camini, discesero fino all’angolo formato al sud dal congiungimento delle rive del lago. Non senza fatica s’aprirono un passo attraverso que’ boschi e que’ pruneti, che la mano dell’uomo non aveva peranco diradati, e si diressero, a questo modo, verso il litorale, in guisa da giungere al nord dell’altipiano di Lunga Vista. Due miglia furono percorse in questa direzione, poi, dopo l’ultima cortina d’alberi, apparve l’ultimo altipiano tappezzato da folta erba, e più oltre il mare. Per tornare ai Camini bastava attraversare obliquamente l’altipiano per lo spazio d’un miglio e ridiscendere fino al gomito formato dalla prima giravolta della Grazia.

Ma l’ingegnere desiderava riconoscere come e da quale parte fuggisse il soverchio dell’acque del lago, e l’esplorazione fu prolungata sotto gli alberi per un miglio e mezzo verso il nord. Era infatti probabile che esistesse un versatojo da qualche parte, e senza