Pagina:Verne - L'isola misteriosa, Tomo I, Milano, Guigoni, 1890.pdf/156

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— No, rispose Cyrus Smith, l’ostrica contiene pochissime materie azotate, ed un uomo che ne facesse unico suo cibo dovrebbe mangiarne non meno di quindici o sedici dozzine al giorno.

— Ebbene, rispose Pencroff, potremo ingojarne dozzine e dozzine senza esaurire il banco; se ne pigliassimo qualcuna per colazione?

E senza aspettar risposta alla proposizione, che sapeva tacitamente approvata, il marinajo e Nab staccarono una certa quantità di quei molluschi, che posero in una specie di rete di fibre d’ibisco, fatta da Nab, ed in cui già si conteneva il necessario per il pasto; poi si proseguì a risalir la costa fra le dune ed il mare.

Ogni tanto, Cyrus Smith consultava il proprio orologio per prepararsi a tempo all’osservazione solare che doveva essere fatta al mezzodì in punto.

Tutta quella porzione dell’isola era aridissima fino alla punta che chiudeva la baja dell’Unione e che aveva ricevuto il nome di capo Mandibola sud. Non ci si vedeva altro che sabbia e conchiglie, miste a rottami di lave. Alcuni uccelli marini frequentavano quella costa desolata, gabbiani, grossi albatri, come pure anitre selvatiche, che a buon diritto eccitarono la bramosia di Pencroff. Costui cercò pure di atterrarli a colpi di freccia, ma sempre senza alcun risultato, perchè non posavano e sarebbe stato necessario colpirle a volo.

Codesto fatto indusse il marinajo a dire all’ingegnere:

— Vedete, signor Cyrus, sino a tanto che non avremo dei fucili da caccia, il nostro materiale lascierà molto a desiderare.

— Senza dubbio, Pencroff, rispose il reporter, ma non dipende che da voi; procurateci del ferro per le canne, dell’acciajo per le batterie, del salnitro e del carbone e dello zolfo per la polvere, del mercurio e