Pagina:Verne - L'isola misteriosa, Tomo I, Milano, Guigoni, 1890.pdf/168

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che terminava come becco d’uccello, ed una lingua estensibile guernita di spinuzze che gli servivano a trattenere gli insetti.

— E quando sarà nella padella, domandò Pencroff, a che cosa rassomiglierà?

— Ad un eccellente pezzo di manzo, rispose Harbert.

— Non gli domanderemo di più, disse il marinajo.

Durante questa escursione, furon visti alcuni cinghiali selvatici, i quali non cercarono di assalire il piccolo drappello; nè pareva che si dovessero incontrare belve terribili, quando in una fitta macchia il reporter credette di vedere a qualche passo di distanza, fra i primi rami d’un albero, un animale che egli prese per un orso e di cui si accinse tranquillamente a far lo schizzo. Per buona sorte l’animale in questione non apparteneva per nulla a questa terribile famiglia dei plantigradi; altro non era che un kula, più conosciuto sotto il nome di tardigrado, che aveva la statura d’un grosso cane, il pelo irto e di color sporco, le zampe armate di forti artigli, il che gli permetteva di arrampicarsi sugli alberi e di nutrirsi di foglie. Accertata l’identità dell’animale, che non venne turbato nelle sue occupazioni, Gedeone Spilett cancellò orso dalla leggenda del suo disegno, vi sostituì kula e si prosegui il viaggio.

Alle cinque pomeridiane, Cyrus Smith ordinava la fermata. Si era giunti fuori della foresta, al principio di quei poderosi contrafforti che puntellavano il monte Franklin verso l’est. A qualche centinajo di passi scorreva il rivo Rosso, onde l’acqua potabile non era lontana. Fu subito allestito l’attendamento. In meno di un’ora sul lembo della foresta, fra gli alberi, una capanna di rami intrecciati di liane ed intonacati di argilla offrì un ricovero sufficiente. Le ricerche geologiche furono differite al domani. Si preparò la cena, un buon fuoco fiammeggiò innanzi alla capanna, fu posto in opera lo spiedo,