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i naufraghi dell’aria 13

loro codesto nome — ebbero posto il piede sul suolo, tutti, pensando all’assente, esclamarono:

— Certo egli cerca di approdare a nuoto; salviamolo, salviamolo!


CAPITOLO II.

Un episodio della guerra di secessione.

L’ingegnere Cyrus Smith — Gedeone Spilett — Il negro Nab — Il marinajo Pencroff — Il giovane Harbert — Una proposta inaspettata — Ritrovo alle dieci pomeridiane — Partenza in mezzo all’uragano.


Non erano già areonauti di professione, nè amatori di aeree spedizioni, gli uomini che l’uragano avea gettato su quella costa; erano prigionieri di guerra che s’erano evasi con audacia senza pari ed in circostanze straordinarie. Cento volte avrebbero dovuto perire; cento volte il loro pallone lacerato avrebbe dovuto precipitarli nell’abisso! Ma il Cielo li serbava ad un singolare destino, ed il 24 marzo, dopo d’aver fuggito Richmond, assediata dalle truppe del generale Ulisse Grant, si trovavano a settemila miglia dalla capitale della Virginia, la principale piazza forte dei separatisti durante la terribile guerra di secessione. La loro navigazione aerea era durata cinque giorni.

Ecco, del resto, in quali bizzarre contingenze si era compita l’evasione dei prigionieri, evasione che doveva finire colla catastrofe che si conosce.

In quell’anno medesimo, nel mese di febbraio 1865, in uno di quei colpi di mano che il generale Grant tentò inutilmente per impadronirsi di Richmond, molti dei suoi ufficiali caddero in potere del nemico e furono internati nella città. Uno dei più segnalati fra i prigionieri apparteneva allo stato maggiore federale e si chiamava Cyrus Smith.