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della nitro-glicerina che, semplicemente accesa, arderebbe senza scoppio.

Cyrus Smith avrebbe certamente potuto fabbricare una capsula, ed in mancanza di fulminato gli sarebbe stato facile ottenere una sostanza analoga, perchè non gli mancava l’acido azotico; questa sostanza compressa entro una cartuccia, ed introdotta nella nitro-glicerina, avrebbe potuto scoppiare per mezzo d’una miccia e determinare l’esplosione.

Ma Cyrus Smith sapeva che la nitro-glicerina ha la proprietà di scoppiare all’urto. Risolvette adunque di servirsi di questa proprietà, salvo a ricorrere ad un altro mezzo se quello non gli riuscisse.

Infatti l’urto d’un martello su poche goccie di nitro-glicerina sparse alla superficie d’un corpo duro basta a cagionare l’esplosione; ma l’operatore non poteva starsene là a dare il colpo di martello; onde Cyrus Smith immaginò di sospendere ad un sostegno sopra un buco della mina, e per mezzo d’una fibra vegetale, una mazza di ferro del peso di molte libre. Un’altra lunga fibra, intonacata di zolfo, era attaccata alla prima per una delle estremità, dall’altra strisciava a terra fino a molti piedi dal buco della mina. Appiccando il fuoco a questa seconda mina essa doveva ardere fino a raggiungere la prima, che, arsa alla sua volta, lascerebbe cadere la massa di ferro sulla nitro-glicerina.

Fu allestito adunque l’apparecchio, poi l’ingegnere avendo fatto allontanare i compagni, riempì il buco della mina, in guisa che la nitro-glicerina venisse a sfiorarne l’apertura, e ne gettò alcune goccie alla superficie della roccia sotto la massa di ferro già sospesa. Ciò fatto, Cyrus Smith prese l’estremità della fibra solfurata, l’accese e lasciando il suo posto tornò presso i compagni ai Camini. La fibra doveva ardere per venticinque minuti; ed in fatti, passato questo tempo, si udì uno scoppio, di cui non è possibile dare un’idea. Parve che tutta l’isola tremasse dalle fondamenta.