Pagina:Verne - L'isola misteriosa, Tomo I, Milano, Guigoni, 1890.pdf/194

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tuto dar facile passo ai coloni; ma Nab e Pencroff presero il loro piccone, ed in meno d’un’ora gli ebbero dato un’altezza sufficiente.

Allora l’ingegnere si accostò, e riconobbe che le pareti dello sbocco, nella sua parte superiore, non indicavano un pendío di più di trenta o trentacinque gradi. Erano adunque praticabili, e purchè il loro declivio non crescesse, doveva riuscir facile discendere fin proprio al livello del mare. Se adunque, cosa probabilissima, esisteva all’interno del masso gran tico qualche cavità, si doveva trovar modo di trarne partito.

— Ebbene, signor Cyrus, che cosa ci trattiene? domandò il marinajo, impaziente di avventurarsi nello stretto corridojo. Vedete bene che Top ci ha preceduti.

— Bisogna vederci chiaro, rispose l’ingegnere; Nab, va a recidere qualche ramo resinoso.

Nab ed Harbert corsero verso la riva del lago ombreggiata da pini e da altri alberi verdi, e tornarono poco dopo con rami, che disposero in forma di torcie. Codeste torcie furono accese al fuoco dell’acciarino; dopo di che, preceduti da Cyrus Smith, i coloni si cacciarono nello stretto condotto che poco prima era empito dal soverchio delle acque.

Contrariamente a ciò che si avrebbe potuto supporre, il diametro di quel condotto andava allargandosi, in guisa che gli esploratori quasi subito poterono tenersi ritti nel discendere. Le pareti, di granito, corrose dalle acque da tempo infinito, erano sdrucciolevoli, e bisognava guardarsi dalle cadute; onde i coloni si erano legati gli uni agli altri per mezzo d’una corda, come fanno gli ascensionisti nelle montagne. Fortunatamente, alcune sporgenze che formavano come gradini rendevano la discesa meno pericolosa. Goccioline ancor sospese alle roccie si tingevano dei colori dell’iride alla luce delle torcie; si avrebbe potuto credere che le pareti fossero rive-