Pagina:Verne - L'isola misteriosa, Tomo I, Milano, Guigoni, 1890.pdf/226

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diurna o notturna e se convenga metterli nel genere cane propriamente detto.

Cyrus Smith non potè trattenersi dal sorridere, intendendo la riflessione del giovinetto, che attestava serio criterio. Quanto al marinajo, dal momento che quelle volpi non potevano essere classificate nel genere commestibile, poco gl’importava. Peraltro egli fece osservare che quando nel Palazzo di Granito si avesse un pollajo, sarebbe bene prendere qualche precauzione contro la probabile visita di questi predoni a quattro zampe; il che nissuno contrastò.

Dopo di aver fatto il giro della punta del Rottame, i coloni trovarono una lunga plaga bagnata dal vasto mare. Erano allora le otto del mattino, il cielo era purissimo, come accade durante i gran freddi prolungati; ma riscaldati dalla loro corsa, Cyrus Smith ed i suoi compagni non sentivano gran fatto il morso dell’atmosfera. D’altra parte non tirava vento, e ciò rendeva più sopportabile il freddo. Un sole splendido, ma senza azione calorifera, usciva allora dall’oceano, ed il suo enorme disco si librava all’orizzonte. Il mare formava una zona tranquilla ed azzurra come quella d’un golfo del Mediterraneo quando il cielo è puro. Il capo Artiglio, curvato in forma di scimitarra, si disegnava nettamente a circa quattro miglia verso il sud-est. A sinistra il lembo del marese era bruscamente arrestato da una breve punta che i raggi solari tingevano allora come una striscia di fuoco. Certo in quella parte della baja dell’Unione, non riparata in alcun modo dal largo, nemmeno da un banco di sabbia, le navi battute dai venti d’est non avrebbero trovato alcun riparo. Si sentiva dalla tranquillità del mare, dal suo colore uniforme non macchiato da macchie giallastre, dall’assenza in fine di ogni scogliera, che quella costa era scoscesa e che l’oceano copriva colà abissi profondi. Più oltre, nell’ovest, si svolgevano, ma ad una distanza di quattro miglia, le prime