Pagina:Verne - L'isola misteriosa, Tomo I, Milano, Guigoni, 1890.pdf/242

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Si lavorava adunque costantemente a preparare l’abitazione. E intanto si cianciava.

Cyrus Smith istruiva i compagni in ogni cosa e veniva spiegando loro, più che altro, le applicazioni pratiche della scienza. I coloni non avevano biblioteca a loro disposizione, ma l’ingegnere era un libro sempre aperto alla pagina di cui ciascuno aveva bisogno, un libro che risolveva ogni quesito e che essi sfogliavano di frequente. Passava così il tempo, e le brave persone non parevano punto timorose dell’avvenire. Nondimeno era tempo che finisse quella clausura. Erano tutti impazienti di rivedere, se non la bella stagione, almeno la cessazione di quel freddo insopportabile. Se almeno fossero stati vestiti in maniera da poterlo sfidare, quante escursioni avrebbero essi tentato alle dune ed al marese delle Tadorne! Facile doveva essere farsi presso alla selvaggina, e senza dubbio la caccia sarebbe stata fruttuosa. Ma stava a cuore di Cyrus Smith che nessuno ponesse a rischio la propria salute, avendo egli bisogno di tutte le braccia.

I suoi consigli furono eseguiti. Il più impaziente della prigionia, dopo Pencroff s’intende, era Top. Il fedele cane si trovava molto allo stretto nel Palazzo di Granito. Egli andava e veniva da una camera all’altra e testimoniava a modo suo la noja di essere rinchiuso.

Cyrus Smith notò sovente che quando si accostava a quel pozzo tenebroso che era in comunicazione col mare, ed il cui orifizio s’apriva in fondo al magazzino, Top faceva intendere singolari grugniti, girava intorno al buco che era stato coperto d’una tavola e talvolta perfino cercava di cacciare le zampe sotto quella tavola come se avesse voluto sollevarla. Latrava allora in un modo particolare che indicava insieme collera ed inquietudine. L’ingegnere osservò molte volte questo armeggio. Chi vi era dunque in quell’abisso che potesse impressionare a tal punto l’intelligente