Pagina:Verne - L'isola misteriosa, Tomo I, Milano, Guigoni, 1890.pdf/243

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animale? Il pozzo metteva nel mare, questo era certo; si ramificava esso dunque in stretti canali attraverso l’apertura dell’isola? Era esso in comunicazione con qualche altra cavità interna? E qualche mostro marino veniva forse ogni tanto a respirare in fondo al pozzo? L’ingegnere non sapeva che pensare e non poteva trattenersi dall’immaginare bizzarre complicazioni. Avvezzo a spingersi lontano nel dominio delle scientifiche realtà, egli non si perdonava di lasciarsi trascinare così nel dominio dello strano e quasi del soprannaturale; ma come spiegarsi che Top, uno di quei cani sensati che non hanno perduto mai il loro tempo ad abbaiare alla luna, s’ostinasse a scandagliare coll’olfato e coll’udito l’abisso, se non vi accadeva nulla che potesse svegliare la sua inquietudine? La condotta di Top poneva Cyrus Smith in imbarazzo più che non gli paresse ragionevole di confessarlo a sè medesimo. Del resto, l’ingegnere non comunicò le proprie impressioni ad altri che a Gedeone Spilett, trovando inutile spingere i compagni alle riflessioni in volontarie che in lui faceva nascere ciò che forse non era altro che un capriccio di Top.

Finalmente cessò il freddo. Ci furono pioggie, raffiche miste di neve, brine, colpi di vento, ma codeste intemperie non duravano. Il ghiaccio si era disciolto, squagliata la neve, il greto, l’altipiano, i margini della Grazia, la foresta erano ridiventati praticabili.

Quel ritorno della primavera incantò gli ospiti del Palazzo di Granito, i quali non vi passarono più che le ore del sonno e delle refezioni. Si andò molto a caccia nella seconda metà di settembre: il che indusse Pencroff a reclamare con nuova insistenza armi da fuoco che egli affermava essere state promesse da Cyrus Smith. Costui, sapendo bene che senza strumenti speciali gli sarebbe impossibile fabbricare un fucile che potesse rendere qualche servizio, differiva sempre l’operazione a più tardi, facendo d’altra