Pagina:Verne - L'isola misteriosa, Tomo I, Milano, Guigoni, 1890.pdf/26

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— Signor Smith, ne avete voi abbastanza di Richmond?

L’ingegnere guardò fisso l’uomo che così gli parlava e che aggiunse a bassa voce:

— Signor Smith, volete voi fuggire?

— Quando?... rispose vivamente l’ingegnere; e si può dire che codesta risposta gli sfuggì, perchè egli non aveva ancora esaminato l’incognito con cui aveva da fare.

Ma dopo d’avere con uno sguardo penetrante osservato la faccia leale del marinajo, egli non potè dubitare di aver dinanzi a sè un onest’uomo.

— Chi siete voi? domandò con voce breve.

Pencroff si fece conoscere.

— Sta bene, rispose Cyrus Smith, e qual mezzo mi proponete per fuggire?

— Quell’ozioso pallone che si lascia là a far nulla e che mi ha proprio l’aria d’aspettarci!

Il marinajo non avea avuto bisogno di compiere la sua frase, che l’ingegnere avea compreso alla prima, ed afferrato Pencroff per il braccio lo trasse in casa sua.

Colà il marinajo svolse il suo disegno, semplicissimo in verità. Si rischiava solo la vita. L’uragano era nella massima violenza, è vero, ma un ingegnere abile ed audace come Cyrus Smith saprebbe ben dirigere un aerostato. Se Pencroff avesse conosciuto la manovra, non avrebbe esitato a partire, ben inteso con Harbert, chè egli ne avea viste ben altre, e non era uomo da darsi pensiero di una tempesta.

Cyrus Smith avea ascoltato il marinajo senza dir parola, ma il suo sguardo brillava; l’occasione era là, ed egli non era uomo di lasciarsela sfuggire. Il disegno non era che pericolosissimo, dunque era eseguibile. La notte, malgrado la sorveglianza, si potrebbe giungere fino al pallone, cacciarsi nella navicella, poi recidere le corde che lo trattenevano. Certo si poteva essere ammazzati, ma si poteva anche riu-