Pagina:Verne - L'isola misteriosa, Tomo I, Milano, Guigoni, 1890.pdf/264

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Sovente, durante queste caccie, Harbert discorreva, con Gedeone Spilett, dell’incidente del pallino di piombo e delle conseguenze dedottene dall’ingegnere, e un giorno, il 26 ottobre, gli disse:

— Ma, signor Spilett, non vi pare straordinario che se qualche naufrago ha approdato in quest’isola, non si sia ancora mostrato dalla parte del Palazzo di Granito?

— È proprio da sbalordire se i naufraghi sono ancora nell’isola, rispose il reporter; ma non è da sbalordirne niente affatto se non ci sono più.

— Dunque voi credete essi abbiano già lasciato l’isola? soggiunse Harbert.

— È più che probabile, giovinetto mio, perchè se il loro soggiorno si fosse prolungato, e sopratutto se durasse ancora, qualche incidente avrebbe finito col tradire la loro presenza.

— Ma se hanno potuto ripartire, non erano dunque naufraghi.

— No, od almeno erano, come a dire, naufraghi temporanei. È possibilissimo, infatti, che un colpo di vento li abbia gettati nell’isola senza avere disalberato il battello, e che cessato il vento essi abbiano ripreso il mare.

— Bisogna confessare che il signor Smith parve sempre temere, meglio che desiderare, la presenza di stranieri nella nostra isola.

— Infatti, rispose il reporter, egli non vede che Malesi i quali possano frequentare questi mari, e quella gente sono mariuoli che è bene evitare.

— Non è impossibile, signor Spilett, soggiunse Harbert, che troviamo un dì o l’altro traccie del loro sbarco, e forse potremo uscire dal dubbio?

— Non dico di no: un attendamento abbandonato, un fuoco spento, possono metterci sulla buona via, ed è ciò che cercheremo nella prossima esplorazione.

Il giorno in cui i due cacciatori così parlavano si