Pagina:Verne - L'isola misteriosa, Tomo I, Milano, Guigoni, 1890.pdf/293

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macchie di lentischi un po’ al di sopra della cascata, e Cyrus colla bussola in mano indicò la via da seguire.

La foresta si componeva allora di alberi, la più parte dei quali erano già stati riconosciuti nei dintorni del lago e dell’altipiano di Lunga Vista. Erano deodars, douglas, casuarine, alberi di gomma, eucalyptus, dragoni, ibisci, cedri ed altre essenze generalmente di mezzana altezza, perchè il numero aveva nociuto allo sviluppo. I coloni non potevano adunque avanzarsi che lentamente su quella via che si aprivano nel camminare, e che l’ingegnere pensava dovesse più tardi collegarsi a quella del rivo Rosso.

Dopo la loro partenza, i coloni scendevano dalle balze che costituivano il sistema orografico dell’isola e sopra un terreno asciuttissimo, ma la cui lussureggiante vegetazione indicava la presenza d’una rete idrografica nell’interno del suolo ed il vicino corso di qualche fiume. Peraltro Cyrus Smith non si ricordava di avere, nella sua escursione al cratere, visto altro corso d’acqua oltre quelli del rivo Rosso e della Grazia.

Nelle prime ore dell’escursione apparvero nuove frotte di scimmie che sembravano dimostrare un vivo stupore alla vista di quegli uomini, il cui aspetto era nuovo per esse. Gedeone Spilett domandava scherzosamente se quegli agili e robusti quadrumani non li credessero fratelli degenerati. E schiettamente, semplici pedoni, ad ogni passo imbarazzati dai cespugli, trattenuti dalle liane e dai tronchi d’albero, non facevano certo bella figura a petto di quegli agili animali che balzavano di ramo in ramo e che nulla tratteneva nel loro cammino.

Quelle scimmie erano numerosissime, ma per fortuna non manifestarono alcuna disposizione ostile. Si videro poi alcuni cinghiali, alcuni agutis, dei kanguri, ed altri roditori, e due o tre koulas, ai