Pagina:Verne - L'isola misteriosa, Tomo I, Milano, Guigoni, 1890.pdf/300

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— Aggiungerò pure che il midollo dei nuovi rami, messo nell’aceto, forma un condimento molto stimato.

— Di bene in meglio, Harbert!

— Ed infine che questi bambù trasudano fra i loro nodi un liquore zuccherino, di cui si può fare un’eccellente bevanda.

— Nient’altro? domandò il marinajo.

— Nient’altro.

— Non si fumano i bambù, per caso?

— No, non si fumano, povero Pencroff!

Harbert ed il marinajo non ebbero a cercare un pezzo un luogo acconcio a passarvi la notte. Le roccie della spiaggia — molto divise, perchè dovevano essere battute con impeto dal mare durante i venti di sud-ovest — offrivano dei vani che dovevano permettere loro di dormire al riparo dalle intemperie. Ma mentre si accingevano a penetrare in uno di quei cavi, formidabili ruggiti li trattennero.

— Indietro! esclamò Pencroff, non abbiamo che pallini nei fucili, ed animali che ruggiscono a questo modo se ne befferebbero.

Il marinajo, afferrando Harbert per il braccio, lo trasse al riparo delle roccie, nel momento in cui un mostrava all’ingresso della ca magnifico animale verna.

Era un jaguaro, grosso almeno come i suoi congeneri d’Asia, vale a dire lungo ben cinque piedi dall’estremità della testa alla radice della coda. Il suo pelame fulvo era rilevato da molte file di macchie nere e spiccava sul pelo bianco del ventre. Harbert riconobbe il feroce rivale della tigre, ben più formidabile del coguaro, il quale non è che il rivale del lupo.

Lo jaguaro s’avanzò, si guardò intorno col pelo irto e l’occhio acceso, come se non fosse la prima volta che fiutasse l’uomo.

In quella il reporter faceva il giro delle alte roc-