Pagina:Verne - L'isola misteriosa, Tomo I, Milano, Guigoni, 1890.pdf/305

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La proposta del reporter, vivamente sostenuta dal marinajo, ottenne la generale approvazione, perchè ciascuno voleva finirla coi propri dubbi, e tornando dal capo Artiglio l’esplorazione doveva essere compiuta.

Ma non v’era un’ora da perdere, perchè una tappa di quaranta miglia era lunga e non bisognava contare di giungere al Palazzo di Granito prima di notte. Alle sei del mattino il piccolo drappello si pose dunque in viaggio; prevedendo cattivi incontri d’animali a due od a quattro zampe, i fucili furono caricati a palla, e Top, che dovea aprir la strada, ricevette ordine di battere il lembo della foresta. A partire dall’estremità del promontorio che formava la coda della penisola, la costa si curvava per una distanza di cinque miglia, che fu rapidamente per corsa senza che le più minuziose investigazioni avessero rilevato la minima traccia d’uno sbarco antico o recente, nè una rottura, nè una reliquia d’attendamento, nè le ceneri d’un fuoco spento, nè una pedata.

I coloni, giunti all’angolo in cui finiva l’incurvatura per seguire la direzione nord-est formando la baja Washington, poterono abbracciare collo sguardo il litorale sud dell’isola in tutta la sua estensione. A venticinque miglia la costa terminava col capo Artiglio, che a mala pena si disegnava nella bruma del mattino e che un fenomeno di miraggio sollevava come se fosse sospeso fra terra ed acqua. Fra il punto occupato dai coloni ed il fondo dell’immensa baja, la spiaggia si componeva prima di tutto d’un largo greto liscio e piatto costeggiato da alberi, poi del litorale che, divenuto irregolarissimo, gettava punte aguzze nel mare; ed infine di alcune goccie nerastre che s’accumulavano in un disordine pittoresco per finire nel capo Artiglio. Tale era lo svolgimento da quella parte dell’isola che gli esploratori vedevano