Pagina:Verne - L'isola misteriosa, Tomo I, Milano, Guigoni, 1890.pdf/307

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La via doveva dunque divenire più aspra, poichè innumerevoli roccie franate ingombravano la spiaggia. La muraglia di granito tendeva pure a sollevarsi sempre più; e degli alberi, che la incoronavano al di dietro, si scorgevano solo le alte cime verdeggianti non animate da alcun soffio.

Dopo mezz’ora di riposo, i coloni si rimisero in viaggio, ed i loro occhi non lasciarono inosservato punto alcuno delle scogliere e del greto. Pencroff e Nab si avventuravano anzi in mezzo agli scogli ogni volta che un oggetto fermava il loro sguardo. Ma di rottami non se ne vedevano punto; erano solo ingannati da qualche bizzarra conformazione delle roccie. Poterono peraltro accertarsi che le conchiglie commestibili abbondavano sulla spiaggia; la qual cosa non poteva tuttavia essere posta a profitto se non quando ci fosse una comunicazione fra le due rive della Grazia, ed i mezzi di trasporto fossero perfezionati.

Così adunque nulla di ciò che si riferiva al naufragio presunto appariva su quel litorale; eppure un oggetto di qualche importanza, per esempio lo scafo d’una nave, sarebbe stato allora visibile, od almeno i suoi rottami sarebbero stati gettati alla spiaggia, com’era avvenuto della cassa trovata a meno di venti miglia di là. Nulla di tutto ciò. Verso le tre, Cyrus Smith ed i suoi compagni giunsero ad uno stretto seno ben chiuso, in cui non metteva alcun corso d’acqua. Esso formava un vero porto naturale, invisibile dall’alto mare, a cui dava accesso uno stretto passaggio che si apriva fra gli scogli.

In fondo a questo seno qualche violenta convulsione aveva lacerato il lembo roccioso, ed un piano inclinato metteva nell’altipiano superiore, che poteva essere situato a meno di dieci miglia dal capo Artiglio, e per conseguenza a quattro miglia in dritta linea dall’altipiano di Lunga Vista.