Pagina:Verne - L'isola misteriosa, Tomo I, Milano, Guigoni, 1890.pdf/31

Da Wikisource.


Da quei buchi sfuggivano ad ogni istante grossi uccelli dal volo greve, fuggenti in tutte le direzioni, che l’oscurità impediva di vedere. Altri più agili si levavano a frotte e passavano come nugoli. Alle loro grida il marinajo credeva di riconoscere gabbiani e gabbianelli; ma più forte di quelle grida era il ruggito del mare che si prolungava sulla costa con notevole intensità. — Ogni tanto i naufraghi s’arrestavano, chiamavano ad alte grida ed ascoltavano se mai venisse loro fatto udire qualche richiamo dalla parte dell’oceano. Essi dovevano infatti pensare che se si fossero trovati in vicinanza del luogo in cui l’ingegnere aveva potuto approdare, i latrati del cane Top, anche se Cyrus Smith non fosse stato in grado di dar segni di esistenza, sarebbero giunti sino ad essi. Ma dal brontolío delle onde e dallo strepito della risacca non si staccava alcun rumore. Il picciolo drappello ripigliava le sue mosse innanzi, frugando in ogni seno del litorale.

Dopo una corsa di venti minuti i quattro naufraghi erano d’un subito arrestati da un lembo spumeggiante d’ondate. Il terreno solido veniva meno; si trovavano all’estremità d’una punta aguzza su cui il mare si frangeva furibondo.

— Un promontorio! disse il marinajo; bisogna ritornare indietro tenendo la nostra dritta, e ci addentreremo così nella terra.

— Ma s’egli è là? rispose Nab mostrando l’oceano, le cui onde biancheggiavano nell’ombra.

— Ebbene, chiamiamolo.

E tutti insieme, riunendo le loro voci, lanciarono una chiamata potente, che non ebbe alcuna risposta. Aspettarono un momento di silenzio del mare, e ricominciarono: nulla ancora.

I naufraghi tornarono allora, seguendo il versante opposto del promontorio, sopra un terreno del pari sabbioso e roccioso. Peraltro Pencroff osservò che il