Pagina:Verne - L'isola misteriosa, Tomo I, Milano, Guigoni, 1890.pdf/312

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— Ci occorreva un armadio, ed eccolo, disse Pencroff, ma siccome non chiude a chiave, sarà prudente nasconderne l’ingresso. Non dico questo per i ladri bipedi, ma per i ladri quadrupedi.

Alle sei pomeridiane il tutto era nascosto, e dopo aver dato al piccolo seno il nome di porto Pallone, fu ripigliata la via del capo Artiglio. Pencroff e l’ingegnere cianciavano dei diversi disegni che conveniva porre in atto nel più breve termine possibile. Bisognava innanzi tutto gettare un ponte sulla Grazia affine di stabilire una comunicazione facile col sud dell’isola. Poi il carro doveva tornare a prendere l’areostato, perchè il canotto non avrebbe potuto bastare a trasportarlo. Poi si doveva costrurre una scialuppa, che Pencroff attrezzerebbe, e si potrebbero così intraprendere viaggi di circumnavigazione intorno all’isola, ecc.

Frattanto veniva la notte, e il cielo si era già oscurato, quando i coloni giunsero alla punta del Rottame, nel luogo medesimo in cui avevano scoperta la preziosa cassa. Ma colà pure non si vedeva nulla che indicasse un naufragio qualsiasi, e bisognò pur tornare alle conclusioni già fatte da Cyrus Smith.

Dalla punta del Rottame al Palazzo di Granito rimanevano ancora quattro miglia, che furono presto percorse, ma era più della mezzanotte quando, dopo aver seguito il litorale fino alla foce della Grazia, i coloni giunsero al primo gomito formato dal fiume. Colà il letto misurava una larghezza di ottanta piedi, che era difficile superare; ma Pencroff s’incaricò di vincere quella difficoltà, e fu richiesto di farlo.

Bisogna convenirne, i coloni erano molto estenuati; la tappa era stata lunga e l’incidente del pallone non aveva certo lasciato in ozio le loro gambe e le loro braccia. Avevano dunque fretta di tornare al Palazzo di Granito per cenare e dormire, e se il ponte fosse stato costrutto, in un quarto d’ora si sarebbero trovati a domicilio.