Pagina:Verne - L'isola misteriosa, Tomo I, Milano, Guigoni, 1890.pdf/33

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diocre, non avevano potuto riconoscere abbastanza la costa, nè la sua importanza. Pure Pencroff, coi suoi occhi di marinajo avvezzi a veder nella notte, credeva in questo momento di discernere all’ovest confuse masse che annunziavano un’altra terra.

Ma con quella oscurità non si poteva determinare a qual sistema semplice o complesso appartenesse l’isolotto, e non si poteva neanco uscirne, poichè il mare lo circondava.

Conveniva adunque differire al domani la ricerca dell’ingegnere.

— Il silenzio di Cyrus non prova nulla, disse il reporter; egli può essere svenuto, ferito, ridotto a tale da non poter per ora rispondere; ma non disperiamo.

Il reporter emise una nuova idea, di accendere cioè in qualche punto dell’isolotto fuochi che potessero servire di segnale all’ingegnere. Ma invano si cercò della legna; sabbia e sassi: non v’era altro.

Si comprende quale dovesse essere il dolore di Nab e dei suoi compagni che si erano vivamente affezionati all’intrepido Cyrus, ma era evidentissimo che essi nulla potevano fare per venirgli in ajuto.

Bisognava aspettare il giorno. O l’ingegnere aveva potuto salvarsi da solo, ed avea già trovato un rifugio sulla punta della costa, ovvero era perduto per sempre.

Furono ore lunghe e penose, il freddo era vivo, ed i naufraghi soffrivano crudelmente nelle loro vesti immollate d’acqua marina; ma se ne avvedevano appena, e non pensavano neanche a riposarsi un istante. Dimenticando sè stessi pel loro capo, sperando, ostinandosi nello sperare, andavano e venivano su quell’arido isolotto ritornando sempre al punto nord, ove essi doveano essere più vicini al luogo della catastrofe. Ascoltavano, gridavano, cercavano di sorprendere qualche chiamata suprema, e le loro voci dovevano trasmettersi assai lungi, perchè allora l’atmosfera