Pagina:Verne - L'isola misteriosa, Tomo I, Milano, Guigoni, 1890.pdf/337

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E l’onesto marinajo, così parlando, credeva a quanto diceva! Oh! l’immaginazione quando c’entra la fede!

Ma per non esagerare nulla, un semplice quadrupede avrebbe accontentato Pencroff, e siccome la Provvidenza aveva delle debolezze per lui, non lo fece languire.

Un giorno 9, il 23 dicembre, furono intesi Nab e Top gridare e latrare a chi faceva più forte. I coloni occupati nei Camini accorsero subito, temendo qualche spiacevole accidente. E che videro? Due grossi animali che si erano imprudentemente avventurati sull’altipiano, i cui ponticelli non erano stati chiusi. Parevano due cavalli o per lo meno due asini, maschio e femmina, dalle forme fine, dal pelame sauro, gambe e coda bianche con striscie nere sulla testa, sul tronco e sul collo. Si avanzavano tranquillamente, senza dimostrare alcuna inquietudine, e guardavano con occhio vivace quegli uomini, nei quali non potevano ancora riconoscere dei padroni.

— Sono onaggas! esclamò Harbert; quadrupedi che stanno di mezzo tra la zebra ed il cuagga.

— E perchè non asini? domandò Nab.

— Perchè non hanno le orecchie lunghe, e le loro forme sono più graziose.

— Asini o cavalli, ribattè Pencroff, non monta, sono motori, come direbbe il signor Smith, e per ciò dobbiamo farli prigionieri.

Il marinajo, senza atterrire gli animali, si cacciò nelle erbe fino al ponte del rivo Glicerina, lo fece girare e gli onaggas furono prigionieri. Ora, si doveva impadronirsene colla violenza o sottometterli ad un forzato addomesticamento? Fu convenuto di lasciarli per alcuni giorni andare e venire liberamente sull’altipiano, dove l’erba era abbondante, ed immediatamente l’ingegnere fece costrurre nel cortile una scuderia, nella quale gli onaggas dovevano trovare,