Pagina:Verne - L'isola misteriosa, Tomo I, Milano, Guigoni, 1890.pdf/343

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giallastre. Laonde mastro Nab, incaricato delle cure culinarie, poteva variare piacevolmente l’ordinario di ogni pasto. Solo il pane mancava ancora alla mensa dei coloni, ed era questa, come fu detto, una privazione dolorosissima.

Fu fatta pure verso quel tempo la caccia alle tartarughe marine che frequentavano le spiaggie del capo Mandibola. In quel luogo il greto era irto di rigonfiature, contenenti uova perfettamente sferiche, dal guscio bianco e duro, e la cui albumina ha la proprietà di non coagularsi come quella delle uova d’uccelli. Era il sole che s’incaricava di farle schiudere, e il loro numero era naturalmente grandissimo, perchè ogni tartaruga può farne fin dugentocinquanta ogni anno.

— Un vero campo d’uova, fece osservare Gedeone Spilett, e non si ha che raccoglierle.

Ma non si stette paghi a tali prodotti; fu fatta pure la caccia ai produttori, caccia che permise di portare al Palazzo di Granito una dozzina di quei chelidri, pregevolissimi veramente rispetto all’alimentazione. Il brodo di tartaruga, mischiato con erbe aromatiche e condito con qualche crocifera, meritò spesso gli elogi a mastro Nab.

Qui conviene pur riferire un fortunato avvenimento che permise di far nuove provviste per l’inverno. Dei salmoni vennero a frotte ad avventurarsi nella Grazia e ne risalirono il corso per molte miglia. Era la stagione in cui le femmine andando a cercar luoghi convenienti per entrare in amore, precedevano i maschi e facevano un gran chiasso attraverso le acque dolci. Un migliajo di codesti pesci, che misuravano perfino due piedi e mezzo di lunghezza, penetrò così nel rivo e bastò porre alcune palizzate per trattenerne un gran numero. Ne furono così prese molte centinaja, che furono salati e messi in serbo per la stagione in cui, congelatosi il corso d’acqua, fosse impossibile la pesca.