Pagina:Verne - L'isola misteriosa, Tomo I, Milano, Guigoni, 1890.pdf/351

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a proteggere il suo raccolto. Fu lapidato in sua vece, ma non se ne lamentò.

Quel brutto tempo durò otto giorni, durante i quali il tuono non cessò di brontolare nelle profondità del cielo. Fra due uragani lo si udiva ancora sordamente fuor dei limiti dell’orizzonte, poi ripigliava con nuovo furore. Il cielo era solcato da baleni, e la folgore percosse molti alberi dell’isola, fra cui un enorme pino che sorgeva accanto al lago, nel lembo della foresta. Due o tre volte, anzi, il greto fu colpito dal fluido elettrico, che sciolse la sabbia e la vetrificò.

Ritrovando quei folgoriti, l’ingegnere fu tratto a credere che fosse possibile guarnire le finestre di vetri, capaci di sfidare il vento, la pioggia e la grandine.

I coloni, non avendo lavori pressanti da fare fuori di casa, approfittarono del brutto tempo per lavorar nell’interno del Palazzo di Granito, che si perfezionava e si compieva ogni giorno. L’ingegnere preparo un tornio che permise fabbricare alcuni utensili ad uso di abbigliamento o di cucina, e specialmente bottoni, la cui mancanza si faceva molto sentire.

Era pure stata preparata una rastrelliera per le armi, che erano tenute con cura estrema; gli stipetti e gli armadî non lasciavano nulla a desiderare; si segava, si piallava, si limava, si torniva, ed in tutto quel periodo di brutto tempo non s’intese che lo stridere degli utensili o il russare del tornio in risposta ai brontolii del tuono.

Mastro Jup non era stato dimenticato, ed occupava una camera in disparte vicino al magazzino generale, specie di camerino con un telajo sempre colmo di buono strame che gli conveniva a maraviglia.

— Con questo bravo Jup non si va mai in collera, ripeteva spesso Pencroff; che domestico! Non c’è pericolo che risponda impertinenze!

— È il mio allievo, diceva Nab, e sarà presto mio pari.