Pagina:Verne - L'isola misteriosa, Tomo I, Milano, Guigoni, 1890.pdf/358

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Cyrus Smith ed Harbert, dopo aver ben studiato la parte del Far-West, in cui crescevano quelle cycas, presero punti di mira e tornarono al Palazzo di Granito a far nota la propria scoperta. Il domani i coloni andavano al raccolto, e Pencroff, sempre più innamorato dell’isola sua, diceva all’ingegnere:

— Signor Cyrus, credete voi che vi siano isole da naufraghi?

— Che volete dire?

— Voglio dire delle isole create specialmente perchè ci si possa far naufragio a dovere, in modo che i naufraghi possano sempre cavarsela per benino.

— È possibile, rispose l’ingegnere sorridendo.

— È certo, signore, ribattè Pencroff, e non è meno certo che l’isola Lincoln è una di queste.

Si tornò al Palazzo di Granito con un’ampia messe di rami di cycas. L’ingegnere preparò un torchio per estrarre il succo mucillaginoso mescolato alla fecola, ed ottenne una notevole quantità di farina che nelle mani di Nab si trasformò in ciambelle ed in pasticcini. Non era ancora il vero pane di frumento, ma vi si avvicinava.

A quel tempo pure l’onagga, le capre e le pecore del ricinto fornirono quotidianamente il latte necessario alla colonia. Il carro, o, per meglio dire, una carriola che l’aveva sostituito, faceva frequenti viaggi al ricinto, e quando toccava a Pencroff a fare il suo giro, conduceva Jup e facevalo guidare: la qual cosa Jup compieva colla sua usata intelligenza, facendo schioccare la frusta.

Tutto prosperava adunque tanto nel ricinto come nel Palazzo di Granito, e veramente i coloni non avevano a lamentarsi d’altro che d’essere lontani dalla раtria. Erano tanto avvezzi a quella vita ed a quell’isola, che non ne avrebbero lasciato senza rammarico il suolo ospitale. Eppure tanto l’amore del paese è radicato nel cuore dell’uomo, che se qualche nave