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La presenza di codesto mammifero marino inquietava i coloni ed irritava specialmente Pencroff, a cui dava delle distrazioni durante il lavoro. Egli finiva coll’aver voglia di questa balena, come un fanciullo ha voglia di un oggetto che gli si contende. Alla notte la sognava a voce alta, e certo, se avesse avuto mezzi di assalirla, se la scialuppa fosse stata in grado di tenere il mare, egli non avrebbe esitato ad inseguirla. Ma ciò che i coloni non potevano fare, la sorte lo fece per essi, ed il 3 maggio, grida di Nab, che era affacciato alla finestra della cucina, annunziarono che la balena si era arenata sulla spiaggia dell’isola.
Harbert e Gedeone Spilett, che stavano per andare a caccia, lasciarono il fucile, Pencroff buttò via l’accetta, Cyrus e Nab raggiunsero i compagni, e tutti si diressero rapidamente verso il luogo d’arenamento. Codesto arenamento era avvenuto sul greto della punta del Rottame, a tre miglia dal Palazzo di Granito ed a marea alta. Era dunque probabile che il cetaceo non potrebbe districarsi facilmente. In ogni caso, bisognava affrettare per tagliargli la ritirata al bisogno. Si corse con picconi e spiedi ferrati, si passò il ponte della Grazia, si ridiscese la riva destra del fiume, si pigliò per il greto, e in meno di venti minuti i coloni erano presso all’enorme animale, sopra cui svolazzava già uno sciame d’uccelli.
— Che mostro! esclamò Nab.
L’espressione era giusta, perchè si trattava d’una balena australe, lunga ottanta piedi: un gigante della specie che non doveva pesare meno di centocinquantamila libbre.
Il mostro così arenato non si moveva, e non cercava, dibattendosi, di rimettersi a galla intanto che la marea era alta.
I coloni ebbero presto la spiegazione della sua immobilità, quando a marea bassa ebbero fatto il giro