Pagina:Verne - L'isola misteriosa, Tomo I, Milano, Guigoni, 1890.pdf/40

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mipedi, dal becco allungato, compresso ed aguzzo; volatili molto ciarlieri, poco spaventati dalla presenza dell’uomo, che per la prima volta certo turbava in quel luogo la loro solitudine. Fra quei palmipedi, Pencroff riconobbe molte labbe, specie di gabbiani ai quali si dà talvolta il nome di stercorarie, ed anche piccoli mugnaj voraci, che nidificavano nelle sporgenze del granito. Una schioppettata tirata nel mezzo di quel formicolío d’uccelli ne avrebbe atterrato un gran numero, ma per tirare una schioppettata occorreva uno schioppo, e nè Pencroff nè Harbert ne avevano. D’altra parte, quei mugnaj e quelle labbe sono appena mangiabili, ed anche le loro uova hanno un gusto detestabile.

Frattanto Harbert, che si era portato più a sinistra, segnalò presto alcune roccie tappezzate d’alghe che il mare doveva ricoprire alcune ore di poi. Su quelle roccie, in mezzo a fuchi viscidi, pullulavano conchiglie bivalvi che persone affamate non potevano sdegnare. Harbert chiamò dunque Pencroff, che s’affrettò ad accorrere.

— Sono foladi, esclamò il marinajo; ecco di che sostituire le uova che ci mancano.

— Non sono già foladi, rispose Harbert esaminando attento i molluschi attaccati alle roccie, sono litodomi.

— Roba che si mangia? domandò Pencroff.

— Perfettamente.

— Quand’è così, mangiamo dei litodomi.

Il marinajo poteva riferirsene ad Harbert, chè il giovinotto era versatissimo in storia naturale ed avea sempre avuto una vera passione per questa scienza. Il padre suo l’avea spinto in siffatta via, facendogli seguire i corsi dai migliori professori di Boston, i quali avevano preso ad amare quel fanciullo intelligente e laborioso. Epperò i suoi istinti di naturalista dovevano tornargli utili in seguito più d’una volta, nè per la prima andò errato.